Parto prematuro: risultato di un conflitto tra i geni della madre e del nascituro?
Il parto prematuro o pretermine, si definisce tale se il travaglio ha inizio tra la 20esima e la 37esemia settimana di gestazione, può comportare una serie di problematiche come malattie neonatali a lunga prognosi. Alcune volte i bambini prematuri necessitano di permanere in ospedale per diverse settimane dopo il parto, addirittura trattenendosi in terapia intensiva, in quanto non hanno ancora completato il periodo di gestazione essenziale per la corretta crescita. Nei casi più gravi una nascita anticipata può portare alla morte infantile.
Una gravidanza normale dovrebbe durare circa 40 settimane, in modo tale da permettere al bambino di crescere sano nell’utero materno. Uno studio condotto dall’Università svedese di Göteborg evidenzia come il momento del parto e la durata della gravidanza è regolato da una conflitto tra i geni della madre e del futuro nascituro.
Lo studio sul parto prematuro
Il parto è un momento cruciale per la salute e la sopravvivenza del neonato, in modo particolare il parto pretermine rappresenta non solo la causa di molte malattie, ma nel peggiore dei casi anche la morte diretta dei neonati e dei bambini al di sotto dei cinque anni di età. Nonostante, tale avvenimento si notevolmente diminuito negli anni, ancora oggi si hanno parti prematuri e ciò ha rilevato come la conoscenza dei fattori che legano questi eventi sia di scarsa entità.
Gli studi genetici, condotti dall’Università svedese di Göteborg, e pubblicati sulla rivista Nature Gentics, ha permesso di rilevare come la durata della gestazione determina il peso del nascituro, ma come risvolto della medaglia si ha il carico uterino che è uno dei fattori che induce il parto. Per parto prematuro si è preso in esame un parto avvenuto spontaneamente con un termine minore di 259 giorni. Come dichiarato dagli studi dell’associazione genome-wide (GWAS), i geni materni e quelli del nascituro entrano il conflitto: infatti il genoma materno induce il parto, con conseguenze di parti precoci, mentre il genoma fetale favorisce l’opposto.
Per arrivare a tale conclusione, i ricercatori guidati da Pol Solé Navais hanno analizzato 279 mila individui, cercando di identificare le cause genetiche che portano al parto prematuro. Hanno indentificato 17 loci, uno dei quali è maggiormente coinvolto nella questione del parto.
Tra i campioni analizzati, il 70% arriva da paesi nordici dove il tasso di nascite premature è molto basso. Inoltre, sono stati esclusi dall’analisi i parti non indotti dal medico o con il taglio cesareo programmato ed anche le gravidanze con una durata minore di 140 giorni ed una maggiore di 310 giorni. Lo studio inoltre ha messo in evidenza come gli alleli materni che aumentano la durata di gestazione hanno effetti negativi sul peso del nascituro, probabilmente perché riflettono la pleiotropia antagonista, però gli alleli che aumentano il peso del feto non sono associati ad effetti materni sulla durata della gestazione. Mettendo in spicco come gli effetti genetici sulla durata della gestazione e del parto pretermine sono molto simili.
Sviluppi futuri
In conclusione, gli effetti materni possono influenzare la durata del parto ed agiscono anche durante il travaglio ad esempio inibendo le contrazione uterine. Il tutto tramite l’utilizzo di un codice utilizzando un flusso di lavoro Snakemake, ha portato al risultato che il genoma materno influenza per vie indirette il peso del nascituro, gli effetti sono anche mediati dal genoma fetale, il quale agisce sul peso modulandone la crescita. Gli effetti genetici sulla durata della gestazione possono essere un valido input per la conoscenza del parto prematuro, portando alla scoperta di bersagli farmacologici come agenti tocolitici o per l’induzione del travaglio.