Dispositivi indossabili

Una patch indossabile ad ultrasuoni per monitorare la pressione sanguigna

Dai tatuaggi hi-tech, passando per la “pelle” elettronica, fino ad arrivare al nuovissimo Apple Watch Series 4: questi sono solo alcuni degli esempi di come presto i dispositivi di diagnostica e monitoraggio indossabili potrebbero diventare strumenti di uso comune. Tra i vari parametri vitali, uno sicuramente importante da monitorare è la pressione sanguigna, non solo per i soggetti affetti da malattie cardiache o polmonari, ma anche per diagnosticare in anticipo eventuali problemi cardiovascolari.

In questo contesto si inserisce la nuova patch indossabile realizzata dai ricercatori dell’Università della California San Diego, i cui dettagli sono stati pubblicati sulla rivista Nature Biomedical Engineering.

Grazie all’utilizzo degli ultrasuoni, questo dispositivo ha dimostrato di riuscire a rilevare, in modo continuo ed assolutamente non invasivo, la pressione sanguigna nelle arterie o nelle vene situate fino a 4 cm di profondità rispetto alla pelle.

Una possibile alternativa a procedure maggiormente invasive

Se posizionata sul collo, la patch è in grado di monitorare la pressione nella carotide (CA), nella giugulare interna (int JV) ed esterna (ext JV)
Credits: University of California San Diego

I dispositivi indossabili sono stati finora limitati a rilevare i segnali sulla superficie della pelle o proprio al di sotto di essa. Ma in questo modo è come vedere solo la punta dell’iceberg. Integrando la tecnologia a ultrasuoni in dispositivi indossabili, possiamo iniziare a catturare molti altri segnali, eventi biologici ed attività, andando in profondità in modo non invasivo.

Afferma Sheng Xu, professore di nanoingegneria presso l’UC San Diego.

Al fine di ottenere un dispositivo che potesse essere comodamente applicato sulla pelle, e quindi che seguisse le continue deformazioni di quest’ultima, si è reso necessario integrare la tecnologia ad ultrasuoni in un foglietto molto sottile (240 μm) di elastomero siliconico. Questo materiale permette alla patch di deformarsi ed allungarsi fino al 60% della dimensione a riposo.

L’hardware è stato poi assemblato con una particolare configurazione definita “island-bridge“. Le parte elettroniche (islands), che contengono elettrodi e, come i tradizionali dispositivi ad ultrasuoni, trasduttori piezoelettrici, sono collegate tra loro da fili a molla (bridges) in rame.

I primi test

La patch è stata per ora testata su un solo soggetto che l’ha indossata sull’avambraccio, sul polso, sul collo e sul piede. I test sono stati eseguiti sia con il soggetto fermo, sia durante l’esercizio fisico. I risultati raccolti si sono rivelati paragonabili a quelli di una sonda ad ultrasuoni tradizionale.

Prima di raggiungere la sperimentazione clinica sono previsti vari miglioramenti tra cui l’integrazione di una fonte di alimentazione, di un’unità di elaborazione dati e di una funzionalità di comunicazione wireless.

Published by
Jacopo Ciampelli