La scomparsa di Paul Alexander, avvenuta l’11 marzo a 78 anni, ha lasciato un vuoto incommensurabile nel cuore di chi lo conosceva e in quelli di molti che, pur non avendolo mai incontrato di persona, erano stati ispirati dalla sua incredibile storia di vita. Colpito dalla poliomielite all’età di soli 6 anni nel 1952, Alexander ha trascorso oltre sette decenni dipendendo da un polmone d’acciaio per respirare. Nonostante le sfide insormontabili, ha perseguito i suoi sogni, ottenendo una laurea in legge e diventando un avvocato rispettato, oltre a condividere la sua esperienza attraverso i social media e la sua autobiografia.
La diagnosi di poliomielite aveva quasi costretto Alexander ad una vita di completa immobilità e dipendenza da macchine per la respirazione. La sua infanzia e giovinezza furono caratterizzate da una lotta costante per la sopravvivenza e la normalità. Ricoverato in ospedale e incapace di respirare autonomamente, fu sottoposto a una tracheotomia d’emergenza. Al suo risveglio, si trovò intrappolato all’interno di un polmone d’acciaio, un dispositivo che, attraverso la pressione dell’aria, assisteva i pazienti paralizzati nella respirazione.
Nonostante le prospettive scoraggianti, Alexander non si diede mai per vinto. Con determinazione e l’assistenza di tutor dedicati, completò gli studi superiori e successivamente ottenne una laurea presso l’Università del Texas nel 1978, seguita da una laurea in giurisprudenza nel 1984. La sua carriera legale si estese per decenni, durante i quali riuscì a trascorrere gran parte della giornata fuori dal polmone d’acciaio, nonostante non potesse mai abbandonarlo completamente.
Nel corso degli anni, la salute di Alexander ha visto un progressivo deterioramento, rendendo necessario trascorrere sempre più tempo all’interno del dispositivo. Tuttavia, il suo spirito indomito lo ha spinto a condividere la sua storia con il mondo. Il suo memoir auto-pubblicato nel 2020, “Tre Minuti per un Cane: La Mia Vita in un Polmone d’Acciaio”, racconta i suoi primi tentativi di respirare autonomamente e la successiva ricezione di un cane come premio per i suoi sforzi. Il libro, frutto di otto anni di lavoro, è stato scritto con l’aiuto di un bastoncino di plastica per digitare sulla tastiera o dettando i passaggi.
Di cosa è morto
Il suo decesso sembrerebbe essere il risultato di una complicanza dovuta a un’infeziuone da Covid-19.
La vita di Alexander non solo rappresenta una testimonianza personale di resilienza di fronte alle avversità, ma serve anche come ponte verso un’era passata della medicina. Egli è stato uno degli ultimi pazienti a utilizzare un polmone d’acciaio, e la sua esistenza ha sottolineato la continua necessità di innovazione e sostegno nella cura delle malattie neuromuscolari. In un mondo che spesso dimentica le lezioni del passato, la storia di Paul Alexander rimane un promemoria potente della forza umana, della determinazione e dell’importanza della ricerca medica. La sua eredità continua a ispirare non solo coloro che affrontano sfide simili, ma chiunque cerchi il coraggio di superare gli ostacoli nella propria vita.