Forse la biomedica è uno dei campi in cui la stampa 3D ha dato un maggiore contributo, favorendo una vera e propria rivoluzione. In particolare, un settore che ha visto l’avvento di tale tecnologia è quello della chirurgia.
Utilizzare un modello 3D dell’anatomia del paziente, guardarlo e analizzarlo da angolazioni differenti, mi permette di pianificare ed eseguire interventi in modo più efficiente.
Spiega così il prof. Andrea Pietrabissa, del Policlinico San Matteo di Pavia, che ormai utilizza abitualmente modelli anatomici stampati in 3D, ricostruiti a partire da immagini TAC del paziente. In particolare, il 50% della chirurgia pancreatica e il 100% di quella splenica e renale sono eseguiti sfruttando le potenzialità dei modelli stampati in 3D.
©universitiamo.euIl progetto dell’Università di Pavia nasce dalla necessità di una maggior efficienza degli strumenti di pianificazione –racconta l’ingegnere biomedico Chiara Trentin a Close-up Engineering– che ad oggi sono CT e ricostruzioni virtuali automatiche (Osirix) che però non sono efficaci per la chirurgia addominale (troppo poco contrasto tra le strutture).
Il chirurgo può pianificare, avendo un modello dell’anatomia del paziente stampato in 3D, gli interventi di laparoscopia e chirurgia robotica, in cui la visione è molto diversa da quella della chirurgia tradizionale. La chirurgia robotica necessita di pianificare accessi operatori (posizionamento trocart) e spazi di manovra”.
L’iter prevede una elaborazione delle immagini TAC o di Risonanza Magnetica del paziente fornite dal chirurgo; le immagini vengono utilizzate per la ricostruzione tridimensionale del modello anatomico virtuale, e la stampante 3D fa il resto.
Altri campi applicativi esplorati dal team di ricerca includono la chirurgia ortopedica e otorino-laringoiatrica.
Il laboratorio Proto-Lab ha in dotazione una stampante Objet 30 Pro3D Stratasys (solo per modelli anatomici) e altre per scopi di ricerca sui materiali e produzione di strumentazione chirurgica e da laboratorio.
La stampante in dotazione ha un’elevata risoluzione e stampa modelli in ben 7 differenti materiali (rigidi, opachi, trasparenti, ad alte temperature e simil-polipropilene), un materiale alla volta. Con questa tecnologia si è capaci di stampare modelli fino ad un massimo di 294x192x148.6 mm e con uno spessore che parte da 28 µm per i materiali opachi fino a 16 µm per quelli trasparenti.
Un altro prodotto utilizzato nel laboratorio è la stampante Leapfrog Creatr (a media risoluzione, con uno spessore tra 50 e 350 µm). La dimensione di stampa arriva a 230x270x200 mm. È equipaggiata con un doppio estrusore che permette una stampa simultanea di due materiali alla volta.
La 3NTR A4 è invece basata sulla tecnica di Fused Deposition Modeling (FDM): la stampante costruisce l’oggetto rilasciando il materiale fuso attraverso un ugello. È una stampante ad alta risoluzione con una precisione di posizionamento di 11 µm sul piano X-Y e di 5 µm sull’asse Z. La dimensione di stampa arriva fino a 300x200x200 mm. Anche questa è equipaggiata con doppio estrusore che permette la stampa simultanea di due materiali alla volta. Ha inoltre un range elevato di colori e materiali (ABS, PLA, PVA, nylon, laybrick).
“Al momento –conclude Chiara-, la strumentazione in nostro possesso non ci permette di implementare un vero e proprio servizio integrato in grado di rispondere ai chirurghi rispettando le tempistiche della pratica clinica. Abbiamo quindi bisogno di strumentazione dedicata che permetta maggiore velocità realizzativa e abbattimento dei costi, nonché di personale qualificato. L’idea finale è quella di arrivare ad erogare un servizio a livello regionale o nazionale, ad ora si tratta solo di un progetto accademico e locale.
Abbiamo avviato, dunque, una campagna di crowdfunding. Ci siamo dati tre obiettivi ad impatto crescente:
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