Come funziona?

Pile a glucosio: una nuova fonte di energia per i dispositivi impiantabili?

Nel mondo dei dispositivi impiantabili è in sviluppo una nuova marcata tendenza. Dai dispositivi passivi, infatti, si sta passando sempre più a quelli attivi, ovvero in grado di aumentare la salute e le funzioni del corpo umano. Chiaramente questo tipo di oggetti richiede una fonte di alimentazione. La più comunque è quella delle batterie al litio, ormai affermate in numerosi settori. Nonostante ciò, l’alternativa presenta ancora numerosi limiti, primo su tutti in termini di dimensioni. Nel processo di miniaturizzazione, infatti, è impossibile spingersi oltre un certo limite fisico, necessario all’immagazzinamento dell’energia. Inoltre, queste batterie non sono ricaricabili, motivo per cui è necessario un re intervento per la sostituzione all’esaurimento della carica disponibile. Un gruppo di ingegneri del MIT e della Technical University of Munich hanno però lavorato su quella che potrebbe essere la nuova frontiera del settore: pile alimentate dal glucosio del nostro corpo

L’idea: pile che sfruttano il glucosio del nostro corpo

Il glucosio è la benzina che alimenta ogni cellula del nostro corpo, dove è largamente disponibile. L’idea del gruppo di ricercatori è quindi stata quella di sfruttare questo prezioso elemento per progettare delle pile che funzionano proprio grazie a lui, convertendolo in elettricità. Il gruppo di ricercatori non è stato il primo a lavorare su questo progetto, ma il risultato ottenuto è stato quello più significativo. Grazie ai materiali e alla tecnologia utilizzata, infatti, è stato possibile ottenere la pila a glucosio più piccola mai realizzata, spessa circa 400 nanometri, una dimensione paragonabile a 1/100 del diametro di un capello. La nuova pila, poi, è in grado di resistere a temperature che arrivano a 600°C. Questo è fondamentale perché permette di poter sterilizzare i dispositivi medici che andranno impiantati senza rovinarla o comprometterne la funzionalità.

L’evoluzione delle pile a glucosio

Il gruppo di ricerca lavorava dal 2016 all’ambizioso progetto. Le precedenti pile a glucosio erano state introdotte già dagli anni 60, ma erano presto state sostituite dalle ormai comuni batterie al litio. Queste pile si basavano su polimeri, materiali con proprietà altamente variabili in base alle temperature. Dall’analisi di una serie di nuove possibilità è quindi stato deciso di sostituire questi materiali con dei ceramici, che sono in grado di mantenere le proprietà elettrochimiche anche ad alte temperature e in scala miniaturizzata. In particolare, la scelta è andata verso l’ossido di cerio, caratterizzato da un’elevata conduttività degli ioni, robustezza e biocompatibilità

Il progetto finale

La pila proposta è quindi composta tra tre strati: un anodo in platino in alto, un elettrolita nel mezzo e un catodo sempre in platino in basso. L’anodo, quindi, reagisce con il glucosio presente nei fluidi corporei, convertendo lo zucchero in acido gluconico e rilasciando due ioni e due elettroni secondo la formula:

C6H1206+H20 -> C6H1207+2H++2e

L’elettrolita separa poi i protoni dagli elettroni. I primi sono condotti nel catodo, dove si combinano con l’aria per formare acqua che fluisce fuori dalla pila senza arrecare danni al corpo. Gli elettroni, invece, vengono fatti confluire in un circuito esterno e alimentano quindi i dispositivi impiantabili.

Il gruppo di ricercatori ha prodotto 150 di queste pile, notando dei picchi di produzione di energia di 80 millivolt. Considerando le dimensioni molto ridotte dei dispositivi si tratta della più alta densità di energia prodotta da pile a glucosio. Con questi risultati, poi, è auspicabile riuscire ad alimentare anche dispositivi impiantabili, obiettivo ultimo della ricerca.

Il futuro delle pile a glucosio

Il lavoro condotto finora ha bisogno di ulteriori sviluppi e analisi per verificare l’effettivo funzionamento di queste pile nel corpo. Tuttavia già i dati preliminari sono molto promettenti e potrebbero aprire nuove importanti possibilità nel settore dei dispositivi impiantabili. I nuovi materiali impiegati permettono infatti la produzione di design sottili e rivestimenti, con dimensioni ovviamente molto ridotte rispetto a quelle necessarie per le normali batterie. La possibilità di convertire il glucosio in energia, poi, consentirebbe di avere una fonte illimitata di alimentazione, senza necessità di eseguire delle sostituzioni. Questo nuovo tipo di tecnologia potrebbe quindi rivoluzionare il mondo dei dispositivi impiantatili. Non ci resta che aspettare e vederne i nuovi sviluppi.

Published by
Linda Carpenedo