La retina è la struttura trasparente sensibile alla luce che si trova nel fondo oculare. L’area centrale della retina, definita macula, contiene numerose cellule sensibili alla luce. Queste cellule aumentano la nitidezza delle immagini e sono responsabili della visione centrale e a colori. Con l’espressione “degenerazione maculare” si indica una malattia retinica che provoca un’alterazione, nonché una riduzione della funzionalità della zona centrale della retina, la macula, fino a una perdita della visione centrale. Quello che si verifica è un’importante e irreversibile riduzione della funzionalità visiva a livello del campo visivo centrale. Il fenomeno correlato più comune è il processo d’invecchiamento dell’occhio: la macula, contenente numerosi fotorecettori, si altera sino a perdere le sue caratteristiche. Ciò è dovuto alla morte delle cellule retiniche, che può essere lenta e progressiva oppure più rapida e drammatica.
La degenerazione maculare legata all’età (AMD), causata da meccanismi eterogenei, complessi e ancora poco conosciuti, è considerata la principale causa di perdita irreversibile della vista nelle persone di età superiore ai 65 anni e colpisce più di 196 milioni di persone in tutto il mondo. I primi sintomi si evidenziano nella distorsione delle immagini al centro del campo visivo (punto di sguardo), minor brillantezza dei colori percepiti e difficoltà nella visione di piccoli dettagli e nella lettura da vicino. L’impatto può essere fortemente invalidante sul piano psicologico e sulle autonomie della persona.
Attualmente non esistono cure efficaci per l’AMD. Difatti gli attuali trattamenti possono solo alleviare i sintomi e rallentare la progressione della malattia. Di recente, però, una ricerca internazionale, pubblicata sulla rivista Journal of Neural Engineering, e condotta da un team di scienziati dell’Istituto di sanità Ricerca dell’Ospedale Clinico San Carlos de Madrid (IdISSC), ha compiuto un ulteriore passo avanti per risolvere il problema della vista derivato dalla degenerazione maculare senile (AMD) con lo sviluppo della prima retina artificiale bioibrida costruita con fibroina di seta e cellule retiniche. Il dispositivo è costituito da diversi strati di cellule retiniche, tenuti insieme da pellicole di fibroina di seta e racchiusi in un gel protettivo. In definitiva, l’idea sarebbe quella di impiantare chirurgicamente questi dispositivi negli occhi dei pazienti AMD per ripristinare la loro vista.
La retina bioibrida contiene anche cellule mesenchimali che funzionano come produttori di molecole neuroprotettive e neuroriparative,facilitando l’integrazione funzionale tra cellule impiantate e quelle del paziente. Nel complesso, infatti si tratta di una struttura, progettata per aiutare i neuroni a crescere e svilupparsi, riparando i danni causati dalla malattia. Il team ha testato in vitro queste retine bioibride, monitorando continuamente lo studio per sette giorni e ha scoperto che i neuroni di coltura primaria sono sopravvissuti, sviluppando delle nuove connessioni sulla bio-pellicola di fibroina di seta. Ciò rappresenta un inizio promettente per tale retina altamente biocompatibile, ma ovviamente la retina bioibrida deve ancora essere testata sugli animali e successivamente sugli esseri umani prima di essere applicata nel trattamento dell’AMD.
L’AMD viene in genere diagnostica attraverso una valutazione medica dell’occhio, in cui lo specialista esamina gli occhi tramite un’oftalmoscopia (illuminando la parte posteriore dell’occhio e osservando attraverso una lente di ingrandimento). Il danno retinico è quasi sempre visibile anche prima dell’insorgenza dei sintomi. Per confermare la diagnosi di AMD umida, il medico può acquisire fotografie a colori della retina o eseguire un’angiografia con fluoresceina. La tomografia a coerenza ottica, un esame di diagnostica per immagini, può inoltre aiutare a formulare la diagnosi di AMD umida e a valutare la risposta al trattamento.