Primo impianto di esofago artificiale: due italiani a compiere l’impresa
Fabio Triolo e Stefano La Francesca sono i nomi dei due ricercatori italiani che negli Stati Uniti hanno compiuto il primo impianto di esofago al mondo, salvando dal cancro un paziente 75enne, ora in ottime condizioni. I due ricercatori, da tempo negli USA sono, rispettivamente, il direttore del Nucleo terapie cellulari dell’Università del Texas (Huston) e un professore di Cardiochirurgia all’Università La Sapienza e presidente di Biostage, l’azienda biotech che ha realizzato l’esofago bioartificale.
L’intervento è avvenuto 3 mesi fa, dopo numerosi test pre-clinici. In seguito all’approvazione da parte della americana FDA (Food-Drug Administration), l’intervento è stato eseguito su un 75enne americano, colpito da tumore ai polmoni, esofago e al cuore.
Primo esofago impiantato al mondo
L’idea dello studio nasce da un’intuizione di La Francesca, con l’intenzione di bypassare le classiche tecniche di cura del tumore all’esofago; la procedura usuale prevede, infatti, l’utilizzo di porzioni di stomaco o intestino per creare un “finto” esofago in grado così di restituire all’apparato la sua consueta funzionalità. Tuttavia, è una pratica che comporta non poche complicanze.
Di qui, nasce la collaborazione con Triolo, esperto in medicina rigenerativa di staminali; un “cervello in fuga” che già nel 2007, prima di spostarsi a Huston, aveva fondato all’Ismett di Palermo un’Unità di Medicina Rigenerativa e Terapie Cellulari.
“Siamo incoraggiati dal successo che ha avuto il primo organo impiantato e siamo ansiosi di testarne altri in futuro” spiega La Francesca “I dati collezionati dai test sperimentali sono stati promettenti e, ad oggi, la buona salute del paziente è sicuramente un’ulteriore conferma.”
L’esofago bionico, il Cellspan Esophageal Implants, è stato (quasi) letteralmente ricostruito nel paziente, in seguito all’asportazione del tessuto esofageo malato.
L’organo bioartificiale è costituito da una matrice sintetica che funge da sistema scaffold e che riprende la forma originale dell’organo; l'”impalcatura” viene completamente ricoperta da cellule staminali del paziente, derivanti dal tessuto adiposo e viene mantenuto in un bioreattore rotante per un periodo di 3-5 giorni. Il bio-organo è così pronto per essere impiantato.
Il dispositivo, secondo la Biostage, fornisce impulsi cellulari che favoriscono la crescita e la proliferazione delle cellule in loco, rigenerando nel tempo l’intero tessuto.
Una volta rimossa l’impalcatura, ciò che resta è un tessuto completamente “nuovo” e rigenerato.
“L’impianto ha il potenziale per migliorare la vita del paziente affetto da cancro all’esofago” spiega invece il CEO della Biostage Jim McGorry “La quasi autorigenerazione dell’organo in un paziente ad alto rischio come in questo caso apre le porte ad altri scenari, permettendone così l’utilizzo in altri pazienti con condizioni più favorevoli.”
Il bio-esofago si basa sulla tecnologia Cellframe, che sfrutta il microambiente in vivo dell’organismo per rigenerarsi e ripristinare le funzioni dell’organo, riducendo così le complicanze e la morbilità post operatoria. La tecnologia è progettata per fornire le informazioni necessarie per attivare, guidare e modulare il processo rigenerativo.
“Come per ogni novità in ambito scientifico, anche in questo caso, nonostante sia un enorme passo avanti, servirà altro tempo per poterne affinare la tecnica” spiegano i due ricercatori.
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