Medicina

Il primo vaccino della storia: Edward Jenner e la lotta contro il vaiolo

Negli ultimi giorni del 2020, che passerà alla storia come anno della grande pandemia da Covid-19, abbiamo sentito spesso discorrere dell’importanza che il vaccino possa ricoprire nella lotta contro il nuovo coronavirus. In un clima di opinioni spesso controverse, è bene sottolineare che l’importanza della vaccinazione come arma per sconfiggere una malattia infettiva non è frutto di mera speculazione, ma è validata da eventi storici che hanno determinato una grande svolta nell’evoluzione della medicina, con conseguente aumento della qualità della vita e riduzione della mortalità. Ma chi fu l’inventore della pratica di vaccinazione intesa come metodo per contrastare la diffusione di una malattia infettiva e perchè è così chiamata? Tale merito spetta a un brillante medico e naturalista britannico, Edward Jenner, che nel maggio 1796 innestò nel braccio di un bambino di 8 anni una piccola quantità di materiale purulento prelevato dalle ferite di una donna malata di Vaiuolo Vaccino, la forma di Vaiolo che colpiva i bovini e, in forma cutanea lieve, anche gli allevatori. Il bambino non ebbe nessun disturbo e in seguito Jenner dimostrò che il piccolo era diventato immune alla forma umana del Vaiolo. A questa pratica venne dato il nome di “vaccinazione”.

Edward Jenner: il padre dell’immunizzazione

Edward Jenner, noto medico e naturalista britannico, è conosciuto per aver introdotto il primo vaccino della storia, il vaccino contro il vaiolo, ed è per questo considerato il padre dell’immunizzazione. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, il vaiolo ebbe in Europa un incremento allarmante. Tra i malati, una persona su sei moriva. Solo a Londra morivano circa 3 000 persone l’anno e in tutta l’Inghilterra 40 000. Prima dell’introduzione del vaccino di Jenner, si ricorreva alla pratica di  variolizzazione contro il vaiolo, era un metodo di protezione consistente nell’inoculare, nel soggetto da immunizzare, del materiale prelevato da lesioni vaiolose o dalle croste di pazienti non gravi. Tuttavia nel 1722 si cominciò a riconoscere l’inefficienza e spesso la pericolosità del metodo, mentre si notò che gli allevatori di bovini ed equini non si ammalavano.

Ritratto di Edward Jenner credits: historic-uk.com

Jenner, che esercitava la professione di medico nella campagna di Berkeley, nel Gloucestershire, osservò che i contadini contagiati dal vaiolo bovino (cowpox), una volta superata la malattia, non si ammalavano della sua variante umana (smallpox), di gran lunga più grave. Nel maggio 1796 Jenner prelevò dalla pustola di una donna ammalata di cowpox del materiale purulento e lo iniettò nel braccio di un ragazzo di 8 anni di nome James Phipps. Dopo alcuni mesi, al ragazzo fu inoculato del pus vaioloso umano, ma, come previsto da Jenner, il virus non attecchì. James fu il primo a diventare immune al vaiolo senza esserne mai stato ammalato.

Il vaiolo: una malattia eradicata grazie al vaccino

Il vaiolo è una malattia contagiosa di origine virale, in alcuni casi fatale, il cui ultimo caso nel mondo è stato diagnosticato nel 1977 in Somalia. L’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato ufficialmente eradicata questa malattia nel 1980. Dal momento che si tratta di una patologia causata da un virus, il trattamento con antibibiotici non è efficace e non esiste un trattamento specifico: l’unico modo per prevenire il vaiolo è la vaccinazione. Data l’eradicazione della malattia, però, la vaccinazione obbligatoria è stata sospesa a partire dagli anni ’70 e ’80 in tutti i Paesi. In Italia, la vaccinazione è stata sospesa nel 1977 e definitivamente abrogata nel 1981. Benché non ci sia motivo perché la vaccinazione antivaiolosa venga reintrodotta, vista la completa eradicazione del virus, le riserve di vaccino antivaioloso (tuttora composto da un virus simile a quello del vaiolo, il virus Vaccinia di origine bovina) sono disponibili tramite l’Organizzazione mondiale della sanità per l’uso immediato, sotto la direzione delle autorità sanitarie nazionali e internazionali. La vaccinazione viene effettuata con un ago particolare, che inocula sotto la pelle diverse dosi di virus, causando una piccola escoriazione. Se la vaccinazione ha successo nel giro di 3 o 4 giorni si forma una piccola ferita rossa e irritata che diventerà una vescica, si riempirà di pus, e comincerà a seccarsi. Nella terza settimana dopo la vaccinazione, la crosticina si secca e cade, lasciando una cicatrice.  Essa garantisce una elevata immunità contro il vaiolo per 3-5 anni, dopodiché il livello di protezione decresce.

Vaiolo: lo sviluppo della malattia

Il vaiolo è stata una malattia infettiva causata nell’uomo da due varianti del Variola virus, la Variola maior, ossia la forma più comune e più grave, caratterizzata da rash esteso e febbre più alta, e la Variola minor, meno comune e meno grave, con una letalità inferiore all’1%. Si tratta di una specie di virus a DNA della famiglia dei Poxviridae, sottofamiglia Chordopoxvirinae, genere Orthopoxvirus, che ha la peculiarità replicarsi nel citoplasma della cellula, a differenza degli altri virus a DNA che normalmente replicano nel nucleo. Il contagio avviene per contatto diretto tra le persone oppure tramite i liquidi corporali infetti o gli oggetti personali contaminati come abiti o lenzuola. Un comune veicolo di contagio è la saliva o le escrezioni nasofaringee delle persone malate.

Differenza tra le pustole di vaiolo umano e vaiolo vaccino al dodicesimo e tredicesimo giorno dopo la comparsa della malattia credits:microbiologiaitalia.it

Durante il periodo di incubazione della malattia, caratterizzato da assenza di sintomi e con durata da 7 a 17 giorni, raramente avviene contagio, che invece comincia alla comparsa dei primi sintomi, una fase che può durare da 2 a 4 giorni ed è caratterizzata da alte temperature, malessere, emicrania, dolori muscolari e talvolta vomito. Il rischio di contagio raggiunge il picco nel momento in cui compare un’eruzione cutanea molto caratteristica, consistente nella comparsa di piccole macchie rosse che può durare circa 4 giorni, e che parte dal cavo orale. Quando le macchie della bocca si infettano diventando vere e proprie ulcere, nuove eruzioni cutanee interessano tutta la pelle, a partire dalla faccia fino alle braccia, le gambe e poi le mani e i piedi. Solitamente l’intero corpo viene ricoperto di macchie nel giro di 24 ore. Con la comparsa dell’eruzione cutanea le febbre scende temporaneamente, ma nel giro di 3 giorni le macchie si trasformano in vescicole purulente e la temperatura torna a salire, rimanendo elevata finché le pustole non cicatrizzano, diventando crosticine che cominciano a squamarsi e si staccano.

Manifestazione cutanea del vaiolo nell’uomo credits: microbiologiaitalia.it

La fase di contagio cessa con la caduta di tutte le crosticine: generalmente il processo si completa a 3 o 4 settimane dalla comparsa dei sintomi e qui giunge la parte più temuta per i sopravvissuti: la comparsa di cicatrici profonde e permanenti in tutto il corpo, che appare sfigurato. Un noto volto storico deturpato dal vaiolo fu quello di Elisabetta I Tudor, che contrasse la malattia alla fine del 1562. 

Vaiolo e bioterrorismo

Per la sua alta infettività e stabilita, il Variola virus è considerato un ottimo candidato come arma biologica. Difatti, la comparsa anche di un solo caso deve essere considerata un’emergenza sanitaria, dal momento che non esiste ad oggi una terapia efficace, fatta eccezione per la somministrazione del vaccino pre-esposizione. Benché il virus sia conservato solo in due laboratori approvati dall’OMS, i Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, negli Stati Uniti e il Russian Centre for Research on Virology and Biotechnology di Koltsovo, Federazione Russa,  non si può però escludere che esistano altri depositi di virus, in violazione a quanto prescritto dall’Organizzazione mondiale della sanità. Soprattutto dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, negli Stati Uniti e in altri Paesi del mondo è tornata la paura di una possibile epidemia di vaiolo generata da un deliberato rilascio di virus nell’ambiente. Dopo l’11 settembre 2001 il governo statunitense ha quindi cominciato a produrre nuove dosi di vaccino per essere in grado di immunizzare la popolazione americana nel caso di una nuova epidemia di vaiolo e all’inizio di dicembre 2002 il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha offerto la possibilità ai cittadini americani che lo desiderano di vaccinarsi contro il virus del vaiolo. Per quanto riguarda l’Italia, essa possiede oggi 5 milioni di dosi di vaccino antivaioloso che attraverso le diluizioni possono arrivare a 25 milioni di dosi.

Published by
Cristiana Rizzuto