Legislazione sanitaria

Prodotti per Terapia Cellulare o Tissutale (PTC): cosa sono e come vengono regolamentati

I componenti fondamentali di una terapia di medicina rigenerativa sono le cellule, uno scaffold in biomateriali, ovvero una struttura di sostegno per l’adesione e la crescita delle cellule, e dei segnali o stimoli, ovvero dei fattori chimici (ad esempio, i fattori di crescita – growth factors) o fisici (meccanici, elettrici, magnetici…) in grado di stimolare la risposta cellulare, ovvero la proliferazione e la differenziazione delle cellule. Questi prodotti per terapia cellulare possono essere utilizzati in qualsiasi combinazione tra loro. Nel caso siano presenti tutti, allora si parla di strategia di ingegneria tissutale o tissue engineering, che è quindi una branca della medicina rigenerativa.

Prodotti per Terapia Cellulare o Tissutale (PTC)

Per essere caratterizzati come prodotti per terapia cellulare o PTC, le cellule devono essere sottoposte a “manipolazione non minima”, ovvero devono essere isolate, espanse in coltura e/o alterate geneticamente (tramite terapia genica o gene editing). Ad esempio, la trasfusione di sangue o il trapianto di organi non sono PTC perché le cellule non vengono manipolate, mentre l’utilizzo di fattori di crescita (growth factors) o di differenziazione, così come la trasfezione di acidi nucleici, rendono il prodotto un PTC. In Italia, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha definito PTC con ben due delimitazioni:

  • preparazione nella quale l’azione biologica principale è prodotta dalle cellule o da un tessuto, anche in presenza di matrici o rivestimenti inorganici o organici;
  • preparazione somministrata ad un essere umano con finalità analoghe a quelle di un farmaco, contenente cellule o parti complesse di queste, che può essere somministrata da sola o in associazione ad una matrice sintetica o di origine biologica.

La complessità della regolamentazione di una classe di prodotti terapeutici, difficilmente definibili, è evidente, tanto che l’ente regolatore ricorre ad una definizione più basata sui componenti e ad una maggiormente correlata alla somministrazione della terapia.

Da evidenziare, inoltre, è l’esclusione dalla normativa italiana di tutti i sistemi extracorporei di supporto alla funzione di organi contenenti cellule ma utilizzati esternamente al corpo del paziente (per questioni legate alla vitalità cellulare). Come ad esempio, il fegato bioartificiale e il rene bioartificiale: tali dispositivi sono infatti esclusivamente commercializzati ed utilizzati in Italia, ma non possono esservi prodotti.

Regolamentazioni per PTC

Già dalle definizioni è possibile notare che l’ente regolatore classifica i prodotti per terapia cellulare al pari di farmaci, per cui le normative per tutte le fasi di ricerca e sviluppo, produzione, sperimentazione e commercializzazione sono le stesse che si applicano nel settore farmaceutico.

In particolare, i requisiti che un’industria farmaceutica deve soddisfare per poter avere l’autorizzazione alla produzione di un PTC specifico, diventando una cosiddetta cell factory, sono due: tutte le fasi devono essere attuate secondo un processo regolatorio standardizzato e secondo le normative ISO (International Standards of Quality).

Gli standard di qualità sono diversi a seconda dello stadio del processo di ottenimento del PTC: durante la fase di sviluppo e di sperimentazione in vitro si applicano le Good Laboratory Practice (GLP), per la fase preclinica e i trials clinici si utilizzano le Good Manufacturing Practice (GMP) e le Good Clinical Practice (GCP), mentre la commercializzazione deve essere continuamente correlata alle Current Good Manufacturing Practice (cGMP), una versione attualizzata delle precedenti.

Queste procedure sono richieste per poter ottenere, per ogni fase del processo, dimostrazioni scientifiche della conformità al processo regolatorio per poter procedere alla fase successiva. Le GLP si soffermano sulla scelta del metodo di coltura più adatto (statico o dinamico, selezione del bioreattore), del processo di coltura più adatto (metodi di monitoraggio dei parametri cellulari e comparazione con altri processi) e sullo sviluppo di test analitici specifici per il controllo di qualità e sicurezza (analisi del monitoraggio della sterilità o analisi biochimiche per la concentrazione proteica). Le GMP sono invece delle direttive per la strategia del processo di produzione e dei requisiti strutturali, ambientali ed industriali specifici per la manipolazione dei PTC (classi di sterilità, controllo della purezza dell’aria…).

Le procedure di clinical practice prescrivono in quale modo e con quali metodi attuare la fase dei trials clinici. Queste procedure sono classificate in farmacologiche o interventistiche: è facile pensare come spesso per i PTC questa distinzione sia molto labile e come ciò possa rendere complesso applicarle adeguatamente.

In ogni caso, esistono due requisiti principali da soddisfare secondo le normative. Il protocollo terapeutico deve essere prospettico (la medicina evidence-based non accetta prove scientifiche prospettive), randomizzato (studio in “doppio cieco”, difficile da applicare per i PTC) e multicentrico (prove da diversi centri di ricerca per diminuire i bias statistici dell’equipe medica).

Il Comitato Etico deve pre-autorizzare ogni trial clinico che introduca una variazione rispetto alla terapia convenzionale: l’autorizzazione viene concessa solo se esistono evidenze scientifiche di un potenziale rapporto rischio/beneficio migliore rispetto alla specifica terapia convenzionale per cui il PTC viene testato.

Rischi associati ai PTC

Ad oggi, sono pochi i dispositivi commerciali autorizzati, pochissimi quelli impiantabili, data la presenza di rischi importanti. Infatti, ogni PTC ha dei potenziali rischi di infezione e contaminazione tossica dovuti alla presenza di una manipolazione delle cellule.

Rispetto alla compatibilità immunologica, alcuni PTC hanno un potenziale rischio di rigetto immunologico dovuto ad una incompatibilità con la fonte cellulare (autologa, singenica, allogenica, xenogenica) o con il materiale della matrice o scaffold, componente del costrutto cellularizzato. C’è il potenziale rischio di formazione di tumore se all’interno del PTC sono presenti delle cellule multipotenti non differenziate, delle cellule immortalizzate, dei fattori di crescita o di differenziazione oppure avviene una degradazione del materiale dello scaffold indesiderata o con una cinetica non controllata.

Inoltre, le cellule staminali pluripotenti, siano esse di natura embrionale (ES) o a pluripotenza indotta (iPS), hanno un alto potenziale di formazione di teratoma, una variazione fenotipica delle cellule staminali simile a quella tumorale, e pertanto è necessario assicurarsi che non siano presenti con assoluta certezza nel costrutto da impiantare.

La peculiarità italiana dal punto di vista normativo è il divieto di utilizzo di cellule staminali embrionali ES) umane. È noto ovviamente il discorso bioetico che riguarda le cellule staminali, ben riassunto nell’articolo di McCormick et al.[3], che evidenzia la necessità di una ricerca continua nell’ambito, nonostante le posizioni antitetiche, per l’enorme impatto che le terapie basate su questa tipologia cellulare potrebbero avere sulla medicina.

A cura di Luca Bontempi

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