Protesi spalla: il GPS è la nuova frontiera per il posizionamento
Dallo scorso anno il mondo dell’Ortopedia Italiano e, in particolare quello delle protesi di spalla, si è arricchito di una nuova tecnologia: un sistema GPS (Guide Personalized Surgery), già usato nella protesica di ginocchio e anca, che prevede l’uso di sensori che guidano il chirurgo dall’inizio alla fine dell’intervento, nell’impianto della protesi.
La necessità di utilizzare questa tecnologia nasce dal bisogno di visualizzare correttamente la glena, un osso minuscolo e difficile da gestire ma, tuttavia, estremamente importante per la stabilità articolare.
Infatti, nelle persone di grossa stazza o con anatomia compromessa da patologie, come artrosi o traumi, può essere impossibile esporre completamente l’osso oppure, anche se la cavità articolare è perfettamente esposta, nasce il problema di rimodellare l’osso per accogliere l’impianto.
Dunque, è semplice intuire come avere nella fase pre-operatoria tutte queste informazioni, rende più facile al chirurgo stabilire l’approccio migliore per ottenere migliori risultati e longevità dell’impianto.
Come funziona?
Fase pre-operatoria
È necessario sottoporre il paziente a TAC della spalla per poter costruire un modello 3D computerizzato della struttura ossea.
Successivamente, mediante un software di planning, il sistema elabora tutti i dati acquisiti permettendo al chirurgo di personalizzare le protesi di spalla in funzione delle misure delle componenti, le angolazioni e studiare la posizione più adatta alla specifica anatomia del paziente.
Fase operatoria
Vengono applicate sul paziente due stazioni GPS che consentono al chirurgo la navigazione satellitare da un estremo all’altro: il primo sensore, di fronte alla spalla del paziente, è attaccato all’osso ma si trova all’esterno, il secondo si applica con delle viti al coracoide della scapola, attraverso il taglio fatto per l’intervento.
Dopo una rapida calibrazione, le telecamere riconoscono in tempo reale gli strumenti atti a preparare la glena: quando si tiene il trapano, l’operatore può guardare lo schermo e controllare e modificare la progressione della fresa o dell’alesatore in relazione al planning pre-operatorio.
Per portare a termine correttamente tutte le fasi è necessaria una buona esperienza artroscopica: un chirurgo abituato a lavorare guardando uno schermo è molto avvantaggiato
afferma Stefano Giannotti, professore e primario a Siena e tra i pionieri di tale tecnologia nell’impianto di protesi di spalla.
I vantaggi
Grazie a questo sistema il chirurgo potrà impiantare la protesi di spalla garantendo il rispetto dell’orientamento delle sue componenti, maggiore precisione, accuratezza nel fresare la glena e nel fissare le viti, riducendo così al minimo le possibili complicanze ed aumentando la longevità dell’impianto.
Il risultato è la maggiore stabilità dell’impianto e una sua maggiore sopravvivenza nel tempo, fino a 25 anni
conclude Giannotti.