Lo sport è un diritto di tutti, anche di chi ha una disabilità, e la mancanza di un arto non può essere considerata una limitazione. La rivista Sport Medicine ha pubblicato uno studio che dimostra come lo svolgimento di attività fisica influisca positivamente sulla vita di persone amputate, migliorandola soprattutto dal punto di vista psicologico. I dati, infatti, mostrano che i soggetti che praticano sport hanno normalmente una maggiore autostima e qualità della vita. Lo sport permette loro di incrementare i rapporti sociali, accettare la propria disabilità e sviluppare al meglio le abilità motorie. Recentemente il numero di protesi specializzate per determinati sport ha subito un notevole aumento. Questo articolo cerca, quindi, di elencare quelle più comunemente utilizzate, dividendole in due macro categorie: quelle per l’arto inferiore e quelle per l’arto superiore.
Pedalare con un solo arto è sicuramente possibile, ma indossare una protesi permette di ridurre l’asimmetria tra arto sano e amputato. Il piede protesico viene solitamente ancorato al pedale anche se molti atleti preferiscono eliminare il piede e collegare direttamente il pilone per migliorare la spinta propulsiva.
Per poter consentire di praticare la corsa era necessario realizzare dei piedi protesici che fossero in grado di garantire la propulsione dell’arto. Per questo motivo la progettazione si orientò verso la ricerca di materiali in grado di accumulare e rilasciare energia. Il Seattle Foot®, primo piede protesico realizzato in fibra di carbonio, aprì le porte alla realizzazione delle protesi da corsa. Infatti, la fibra di carbonio è un materiale che consente di produrre protesi performanti e ad alta efficienza. Con i piedi in fibra di carbonio gli amputati sono in grado di raggiungere una velocità di corsa più elevata con un ridotto consumo energetico.
Numerosi sono i piedi da corsa presenti sul mercato, i più noti sono sicuramente il modello Cheetah® di Ossür e il piede 1E90 Sprinter® di Ottobock, ma è doveroso citare anche un orgoglio tutto italiano, lo Sprinter’s King® di Roadrunnerfoot.
A causa del continuo cambiamento di terreno la protesi da golf deve essere in grado di adattarsi a diverse pendenze e tipologie di superficie. Inoltre, la rotazione del moncone all’interno dell’invaso che si genera durante il movimento di swing può essere causa di dolore e fastidio per gli amputati che praticano questo sport. Quindi, è consigliato utilizzare un adattatore che limiti la torsione dell’arto migliorando notevolmente la performance.
Le protesi da sci possono seguire due approcci. Il primo consiste nel regolare la dorsiflessione della caviglia in modo da consentire la sua corretta posizione sullo sci. La protesi di questa tipologia più conosciuta è quella realizzata dalla Ottobock, caratterizzata da specifici adattatori posizionati nel ginocchio e nella caviglia con lo scopo di regolare rispettivamente i loro movimenti di flessione-estensione e plantarflessione-dorsiflessione.
Il secondo approccio consiste nell’utilizzare un singolo sci sul quale viene montato l’arto sano. L’amputato viene poi munito di due stabilizzatori laterali montati direttamente sulle racchette. In questo modo sarà in grado di mantenere l’equilibrio e di fermarsi in modo agevole.
Nuotare senza protesi è possibile, ma l’utilizzo di un ausilio può aiutare per rafforzare l’arto amputato e per garantire uno stile di nuoto più simmetrico. Il piede protesico viene sostituito con una pinna che garantisce la corretta propulsione in acqua. La protesi dovrà inoltre essere waterproof e consentire un’ottima adesione al moncone per evitare di staccarsi durante il movimento.
A causa dei diversi movimenti che deve eseguire l’arto superiore, per praticare il baseball, l’amputato necessita di due protesi specifiche, una per battere ed una per lanciare. La protesi per battere è direttamente attaccata alla mazza, non ha movimento del polso e consente solo spostamenti laterali e la flesso-estensione del gomito. Invece, la protesi per lanciare ha una forma particolare che consente di trattenere la palla e di lanciarla con facilità.
Nel caso dell’hockey, la protesi deve poter permettere all’amputato di impugnare e manipolare correttamente il bastone. Per motivi di sicurezza è bene che il bastone possa staccarsi dall’impugnatura senza creare quindi un tutt’uno con la protesi. La parte terminale dell’arto artificiale è quindi costituita da una specie di uncino metallico che permette di maneggiare il bastone con facilità.
“Attraverso lo sport riusciamo a far capire che una cosa vista come un difetto, come un’amputazione o una disabilità, diventa una cosa di cui noi andiamo fieri.” – Beatrice “Bebe” Vio, campionessa paralimpica
Come si può notare le protesi sportive sono numerose e permettono di svolgere una discreta quantità di sport. L’obiettivo della ricerca è quello di migliorare l’efficienza di queste protesi in modo da rendere lo sport sempre più alla portata di tutti.
Articolo a cura di Eleonora Folli.