L’utilizzo di protesi valvolari non è più una novità se si tiene conto che la loro nascita risale a circa 70 anni fa ma, al Policlinico San Matteo di Pavia per la prima volta al mondo, i medici hanno eseguito un doppio trapianto di polmoni con annesso impianto di una protesi di valvola nell’arteria polmonare gigante in un paziente affetto da ipertensione polmonare arteriosa idiopatica. Inoltre, il grande entusiasmo di questo intervento deriva dal fatto che l’unica soluzione era il trapianto sia dei polmoni che del cuore ma, come si può immaginare, trovare donatori compatibili sia difficile, dunque, questa alternativa ha permesso di “salvare” il cuore del paziente.
L’ipertensione polmonare arteriosa implica un aumento della pressione del sangue all’interno delle arterie polmonari dovuta alla distruzione, all’ispessimento parietale, al restringimento o all’ostruzione dei vasi stessi: valori associati a questa malattia si attestano superiori ai 25 mmHg (ricordando che valori “normali” sono nell’intorno di 14 mmHg). Tutto ciò si riflette sull’attività del cuore, in particolare il ventricolo destro, che si ritrova sovraccaricato perché deve pompare più sangue con maggiore pressione nei polmoni e, se non si interviene per tempo, si rischia d’incorrere in ispessimento della parete cardiaca sviluppando il cosiddetto “cuore polmonare” e annessa insufficienza cardiaca destra.
Inoltre, esistono due tipi d’ipertensione polmonare: la prima è quella acquisita che è molto più comune e deriva dalla presenza di altre patologie, per cui il trattamento implica curare la malattia scatenante; la seconda più rara, di cui era affetta la paziente, è idiopatica e interessa principalmente il sesso femminile, tra i 30 e i 50 anni, ma le sue cause sono ancora sconosciute, seppur si ipotizzi abbia origini genetiche. In entrambi i casi, la sintomatologia è la stessa: respiro affannoso, soprattutto durante l’attività fisica, stanchezza e affaticabilità. Se diagnosticata tempestivamente, è possibile somministrare farmaci in grado di vasodilatare il circolo polmonare come calcio antagonisti, prostacicline, farmaci antiendotelina e inibitori della fosfodiesterasi.
Purtroppo, la paziente del Policlinico di Pavia presentava ipertensione polmonare allo stadio terminale che aveva provocato una dilatazione dell’arteria polmonare sino a 8.5 cm (valore tipici sono nell’intorno di 2.5-3 cm), con conseguente aneurisma polmonare gigante, un’insufficienza valvolare polmonare massiva e una conseguente dilatazione e malfunzionamento del ventricolo destro; l’unica soluzione era il trapianto di polmone e cuore.
La paziente era in lista da tempo per questo intervento ma, la rarità dei donatori e l’esigua disponibilità del blocco completo cuore-polmoni, ci ha imposto di trovare soluzioni alternative, come l’utilizzo di questo tipo di protesi innovativa per i casi di malattie cardiache congenite complesse
ha affermato Stefano Pelenghi, direttore di Cardiochirurgia
La protagonista di questo intervento è stata la protesi valvolare polmonare ma prima facciamo un passo indietro e parliamo di quella naturale. La valvola polmonare è una delle quattro valvole presenti nel cuore e ha il compito di regolare i flussi di sangue non ossigenato tra il ventricolo destro e l’arteria polmonare, impedendo un reflusso retrogrado. È costituita da tre membrane in collagene, dette cuspidi, a forma di mezzaluna e, l’adesione alla parete del cuore avviene attraverso un anello muscolare.
L’intervento, durato 12 ore e precedentemente pianificato tramite un modello 3D dell’area interessata e realizzato dal Laboratorio Clinico di Stampa 3D, ha visto il trapianto polmonare bilaterale, la plastica dell’arteria polmonare e l’impianto della protesi valvolare polmonare mediante l’utilizzo di un catetere percutaneo, la cui via d’accesso è il femore. La protesi valvolare è biologica, perché realizzata in pericardio porcino trattato in glutaraldeide e conservato nella soluzione della formaldeide di 4% per conferire resistenza, flessibilità e impedire antigenicità. La sua particolarità è data dalla capacità di auto espandersi a 37°C con il calore del corpo umano, permettendo di agganciarsi alla valvola nativa già presente che, a causa dell’ipertensione polmonare, non funzionava più correttamente e determinava un flusso retrogrado di sangue dall’arteria polmonare nel ventricolo destro durante la diastole.