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La rivoluzione digitale in radiologia: la pellicola radiografica è solo un ricordo

Dai primi anni 2000 la pellicola radiografica, sulla quale veniva impressionata l’immagine prodotta tramite raggi X, è stata sostituita con sensori digitali. Eppure, ancora oggi, nell’immaginario collettivo la radiografia è associata alla lastra che ci viene data in una grande busta di carta e che poi il medico leggerà in controluce con l’apposito strumento detto diafanoscopio. Con l’uso di sensori digitali invece si ottiene un’immagine numerica che viene visualizzata direttamente tramite uno schermo. C’è da avere nostalgia della pellicola radiografica o invece non abbiamo nulla da rimpiangere?

Come funziona la radiografia

La radiografia è una tecnica di diagnostica per immagini, basata sull’interazione tra raggi X e materia. I raggi X sono onde elettromagnetiche ad alta frequenza, che vennero scoperte dallo scienziato Röntgen, premio Nobel per la fisica. Il Dr Röntgen nel 1895 ottenne la prima radiografia, quella della mano della moglie.

Per produrre una radiografia si sfrutta la diversa capacità dei diversi tessuti di assorbire i raggi X. Sulla base di questo si ottiene un’immagine con zone più chiare e altre più scure. La diversa capacità di assorbimento dei tessuti dipende dal loro spessore e dal loro coefficiente di attenuazione lineare. Questo coefficiente è una caratteristica propria della materia e dipende dalla densità e dal numero atomico, ma a parità di materia il coefficiente dipende anche dall’energia dei fotoni con i quali irradio il tessuto.

Tessuti che hanno un alto coefficiente di attenuazione, come l’osso, assorbono molta radiazione X e risultano bianchi sulla pellicola. Al contrario, i tessuti che hanno un basso coefficiente (come i polmoni che sono pieni di aria) si lasciano attraversare dai raggi assorbendoli in minima parte e sulla pellicola radiografica risultano più scuri. La radiografia è la prima tecnica della diagnostica per immagini ad essere sviluppata. Viene usata soprattutto per osservare un segmento scheletrico. Ciò permette di individuare fratture, lesioni, tumori, artrosi e artrite. Può, inoltre, essere impiegata per alcuni distretti corporei, come l’addome e il torace, dove è possibile osservare per esempio polmoniti, bronchiti, versamenti pleurici e calcoli renali.

Come è fatta una pellicola radiografica

Nella radiologia tradizionale l’immagine viene impressa su una pellicola radiografica. Si tratta di un foglio di materiale plastico, tipicamente poliestere o acetato, ricoperto su entrambe le facce da un’emulsione di grani di bromuro di argento, che vengono attivati quando colpiti dai raggi X. In questo modo l’informazione rimane temporaneamente “intrappolata” nella pellicola. Immediatamente attraverso un processo analogo a quello che veniva fatto per sviluppare le fotografie quando si usavano i rullini l’immagine rimane intrappolata in maniera permanente.

La pellicola radiografica si interpone tra la sorgente di raggi X e il paziente. Quando i raggi attraversano un tessuto che ha elevato coefficiente di attenuazione, non raggiungono la pellicola, sulla quale in corrispondenza di quella zona non verrà attivata l’emulsione, per cui dopo il processo di sviluppo in cui vengono tolti via i granuli che non hanno reagito, quell’area rimarrà bianca. Invece i raggi che attraversano strutture poco assorbenti andranno a finire quasi tutti sulla pellicola, la quale nella zona corrispondente verrà caratterizzata da un’attivazione dell’emulsione e sarà quindi più scura.

La rivoluzione dei sensori digitali: quali vantaggi ha portato?

La radiografia digitale ha sostituito l’uso della pellicola radiografica con dei sensori digitali. In questo modo si ottiene un’immagine di tipo numerico, che viene visualizzata e trattata con strumenti di tipo informatico. I sensori digitali possono essere di due tipi:

  • a conversione diretta: convertono direttamente i raggi X in luce visibile;
  • a conversione indiretta: presentano degli step di conversione intermedi.

I rivelatori digitali, rispetto alla tradizionale pellicola radiografica, permettono di visualizzare l’immagine in un tempo più breve (vantaggio particolarmente importante nelle situazioni di urgenza) e una volta che questa è nel computer, di processarla tramite appositi software.

Inoltre, l’immagine digitale non va incontro a deterioramento, aspetto a cui invece sono soggette le lastre. Un altro limite della pellicola radiografica è il processo di sviluppo, che oltre ad essere lungo e laborioso, richiede l’uso di sostanze inquinanti. Inoltre, con i sensori digitali si risolve il problema della variabilità della qualità tra una radiografia e un’altra se queste vengono fatte usando pellicole di diversa produzione. Si direbbe quindi che possiamo “fidarci” della rivoluzione digitale. Possiamo lasciarci alle spalle le pellicole radiografiche per ottenere tecniche di diagnostica per immagini sempre più performanti. Così facendo otterremo immagini che permettano una diagnosi più accurata e più immediata.

Articolo a cura di Elisa Maria Fiorino

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