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Misurare frequenza cardiaca con giroscopi e accelerometri durante un’esperienza di realtà virtuale

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Per svago o per lavoro, sentir parlare di realtà virtuale non è più una novità ma, in tutti i casi, il filo conduttore è sempre lo stesso: di fronte a particolari stimoli, il nostro corpo risponde accelerando o rallentando la frequenza cardiaca e respiratoria perciò, monitorare questi parametri vitali permette di modificare in tempo reale l’esperienza virtuale in funzione degli obiettivi da raggiungere. Nel campo medico, oltre che essere usata durante operazioni sostitutive del ginocchio o per aiutare l’analisi pre-operatoria come accaduto a Bologna, la realtà virtuale è utilizzata durante i percorsi psichiatrici riabilitativi nei disturbi d’ansia (come fobie specifiche e disturbo da stress post-traumatico), gestione del dolore e tanto altro.

La grande novità di cui vi parliamo oggi è la possibilità di monitorare i parametri, precedentemente accennati, mediante sensori (accelerometri e giroscopi) già installati sul visore di realtà virtuale senza strumentazione aggiuntiva che potrebbe rendere l’utilizzo poco confortevole, infatti, ad oggi per rilevare la frequenza cardiaca e respiratoria si fa uso di cardiofrequenzimetri o biosensori PIP wireless che misurano i livelli di stress del soggetto ma, in entrambi i casi, il comfort non è il massimo.

Come è possibile misurare la frequenza cardiaca con giroscopi e accelerometri

Misurazione di frequenza cardiaca mediante giroscopi e accelerometri. Credits: InnovaBiomed

Come sappiamo, la frequenza cardiaca è il numero di battiti compiuti dal cuore al minuto e, che sia mediante appositi strumenti o banalmente utilizzando le dita a livello dell’arteria radiale (nel polso) oppure a livello dell’arteria carotidea (nel collo), in entrambi i casi c’è un contatto diretto con il corpo ma come è possibile estrarre le stesse informazioni con accelerometri e giroscopi che misurano rispettivamente l’accelerazione di un corpo e l’eventuale sua inclinazione? La risposta arriva pensando che, a ogni ciclo cardiaco, il volume di sangue eiettato dal cuore che giunge nella testa presenta un’accelerazione, derivante dal flusso nell’aorta ascendente e nelle carotidi, che genera un movimento circolare della testa: saranno proprio questi movimenti che rispecchiano l’attività cardiaca impercettibili per l’occhio umano ma non per la risoluzione dei sensori attuali, a dover essere misurati.

Lo studio in tre posture diverse con indosso il visore di realtà virtuale

Soggetto indossa visore di realtà virtuale e Coala Heart Rate Monitor per misurare la frequenza cardiaca. Credits: Sensors

Al fine di indagare e confrontare le prestazioni ottenute rispetto all’utilizzo della strumentazione standard (ECG e/o cardiofrequenzimetri), oltre che indossare il visore di realtà virtuale, i soggetti posizionavano il dispositivo Coala Heart Rate Monitor per misurare la frequenza cardiaca direttamente sul torace per una prima misurazione e tra il pollice e il medio per la seconda misurazione (come si può vedere dall’immagine), così da poter confrontare i dati biometrici ottenuti dal visore. Mentre per l’acquisizione della frequenza respiratoria, l’esperimento prevedeva l’ascolto di audio ritmici utilizzati per la meditazione per guidare l’utente nelle fasi inspirazione ed espirazione al fine di lavorare in respirazione controllata. È bene sottolineare che, per capire in che modo la posizione del soggetto influisse sulla rilevazione dei parametri vitali, queste misurazioni sono state effettuate più volte sia in piedi, seduti su una sedia e sdraiati in posizione supina.

Conclusioni

Sulla base dei risultati ottenuti, l’approccio proposto potrebbe fornire risultati ragionevolmente accurati solo quando il soggetto è in posizione seduta e non muove la testa per circa 20-30 s, purtroppo, questo va in contraddizione con l’idea base di un visore di realtà virtuale in cui si deve essere liberi di muoversi per rendere l’esperienza più reale possibile. Infatti, eventuali movimenti generano del rumore che supererebbe le componenti fisiologiche d’interesse, gli autori pensano che questa limitazione potrebbe essere superata progettando e includendo nell’esperienza di realtà virtuale brevi periodi in cui la testa del soggetto è indotta a rimanere ferma. Inoltre, l’assenza di un riferimento nella rilevazione della frequenza respiratoria, se non uno sperimentatore esterno che ha confermato visivamente l’aderenza del soggetto al protocollo di respirazione controllata, non ha permesso il confronto accurato dei dati.

Elaborando questo segnale in modo opportuno in futuro, si potranno ottenere misure sulla frequenza cardiaca e respiratoria, utili per conoscere lo stato di attivazione del sistema nervoso, il livello di stress o di rilassamento indotto durante l’esperienza di realtà virtuale

Professor Enrico Caiani, Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria