La prima volta che è stato usato il termine “dialisi” era il 1854. Thomas Graham era un chimico alla Glasgow University e, insieme al dottor Richard Bright, ha descritto per primo il concetto di dialisi attraverso il dializzatore a bulbo.
Più di un secolo e mezzo dopo, dalla Vanderbilt University, il nefrologo William H. Fissel e colleghi annunciano la creazione di un dispositivo che mostra tutte le potenzialità per soppiantare l’emodialisi.
Per i pazienti affetti da patologie che comportano una perdita progressiva e irreversibile della funzione renale, si può arrivare alla dialisi, un trattamento necessario quando la funzione renale è gravemente compromessa. La dialisi, infatti, riproduce artificialmente alcune funzioni del rene, filtrando il sangue per eliminare i prodotti di scarto e gli eccessi di acqua e ioni che nell’insieme costituiscono l’urina.
Il trattamento di emodialisi, nella maggior parte dei casi, dura per tutta la vita o fino a che non sia possibile effettuare un trapianto di rene. Sebbene la dialisi sia un trattamento salva-vita, non è esente da effetti collaterali, come ad esempio stanchezza, ipo- o iper-tensione, crampi muscolari.
Tra le diverse ricerche in corso con l’obiettivo di creare un rene bionico impiantabile, The Kidney Project sta attirando l’attenzione non solo per ciò che promette di fare, ma anche per i risultati che sta ottenendo, essendo l’unico dispositivo ad oggi ad essere stato impiantato con successo sugli animali.
Durante l’American Society of Nephrology Kidney Week 2019 che si è tenuto lo scorso novembre a Washington (USA), Shuvo Roy, PhD alla UCSF Schools of Pharmacy and Medicine e il dottor Fissel hanno presentato un dispositivo impiantabile azionato attraverso il battito cardiaco, che consiste di due componenti: un sistema di filtrazione del sangue (emofiltro) e un bioreattore. Quest’ultimo contiene cellule renali umane in coltura destinate ad azioni quali il mantenimento di un adeguato volume di fluido e pressione sanguigna, la regolarizzazione dei livelli di sale e la produzione di ormoni essenziali. L’emofiltro, invece, rimuove le tossine dal sangue facendolo passare attraverso le membrane di silicio fabbricate con pori su scala nanometrica.
I ricercatori hanno riferito di aver impiantato con successo un prototipo del dispositivo nei suini senza significativi problemi di sicurezza. Il dispositivo, grande quanto un mazzo di carte, non ha innescato una reazione immunitaria né ha provocato coaguli di sangue negli animali, ponendo una pietra miliare importante verso le future sperimentazioni sull’uomo.
Questo risultato dimostra che le cellule renali possono essere impiantate con successo in un animale di grandi dimensioni senza immunosoppressore e rimanere abbastanza sane da svolgere la loro funzione. Ora i ricercatori possono concentrarsi sul ridimensionamento del biorettore affinché sia grande quanto un rene umano, impiantandosi in sede senza ulteriori complicazioni e sulla sua combinazione con il componente di filtrazione del sangue del rene artificiale.
Sebbene bisogna mantenere una certa prudenza nell’affermare che questo dispositivo sarà applicabile in breve tempo, soprattutto a causa del lungo iter di approvazione da parte della FDA per ciò che concerne la sicurezza del dispositivo, si tratta comunque di una concreta speranza per la fine delle lunghissime liste d’attesa.