L’efficacia degli oppioidi nel trattamento del dolore ha fatto sì che questi farmaci siano diventati il trattamento standard per questa condizione. Tuttavia, il loro utilizzo è spesso correlato a rischi di assunzione non corretta, con episodi di abuso e anche di overdose. In questo contesto, quindi, risulta importante la pianificazione di nuove strategie in alternativa. Un gruppo di ricercatori della Northwestern University ha sviluppato un nuovo dispositivo che potrebbe essere la soluzione a questa problematica, agendo direttamente sui nervi.
Il dispositivo consiste in una sorta di fascia di gomma che va avvolta attorno ai nervi periferici di interesse. Tramite il raffreddamento dei nervi, quindi, il dolore viene ridotto per via non farmacologica. Nell’articolo pubblicato su Science il gruppo ha esposto l’intera procedura di progettazione, sviluppo e test del nuovo dispositivo. L’idea per il progetto nasce da precedenti studi che erano stati in grado di dimostrare che abbassando la temperatura sotto ai 15 gradi è possibile bloccare la trasmissione dei segnali di dolore, riuscendo appunto a ridurne l’entità e quindi la percezione da parte del paziente. Alcuni dispositivi avevano già cercato di sfruttare questa conoscenza, ma erano ancora troppo rigidi, ingombranti e non in grado di fornire una performance localizzata.
Il nuovo dispositivo, invece, si avvolge intorno al singolo nervo di interesse e svolge la propria funzione di riduzione del dolore solo a livello di questa zona. Per il suo sviluppo il gruppo ha pensato a un materiale impiantabile e biocompatibile, in grado di essere riassorbito nel corpo sul lungo periodo a base di magnesio e acetato di cellulosa. In particolare, la tecnologia per il suo ottenimento si basa sulla tecnica a canali microfluidici. Un canale, quindi, contiene un liquido refrigerante (Perflenapent), mentre l’altro un gas inerte di azoto secco. Il raffreddamento avviene quando i due componenti vanno in contatto all’interno di una camera condivisa, in cui reagiscono e il liquido evapora. Allo stesso tempo il dispositivo prevede anche il monitoraggio della temperatura, al fine che questa non scenda eccessivamente, cosa che comporterebbe il rischio di danneggiamento ai tessuti.
Il dispositivo è stato testato su topi in cui era stato indotto un danneggiamento a livello del nervo sciatico. Il dispositivo, quindi, è risultato in grado di svolgere la propria funzione di raffreddamento portando la temperatura dai 33 ai 4°C in 15 minuti. L’ampiezza dei segnali “di dolore” trasmessi dai nervi è quindi diminuita del 77%, mentre la loro ampiezza è stata rallentata del 97%. Entrambi questi valori, poi, sono poi risultati reversibili, tornando ai normali valori dopo un riscaldamento a temperatura ambiente per 3 minuti. Nel monitoraggio più a lungo termine, poi, il gruppo di ricercatori ha evidenziato l’effettiva funzionalità del dispositivo, che è risultato in grado di ridurre la sensibilità al dolore nei topi. Anche dal punto di vista della biocompatibilità e del riassorbimento, infine, le analisi istologiche a 1, 2, 3 e 6 mesi dall’impianto hanno confermato i buoni risultati sperati in fase di progettazione.
Questo tipo di dispositivo risulterebbe particolarmente utile nel trattamento del dolore post-operatorio, andando a sostituire l’utilizzo degli oppioidi, che porta ai rischi introdotti precedentemente. Tra gli aspetti vincenti del dispositivo figurano quindi la possibilità di condurre l’impianto direttamente durante la procedura chirurgica, senza bisogno di altre esposizioni invasive. Dal punto di vista della manutenzione, poi, non c’è necessità di alcun intervento nel periodo di funzione del dispositivo, cui segue alla fine un riassorbimento naturale da parte del corpo, senza alcun effetto avverso sulla salute. Infine, non sono stati evidenziati rischi di infezioni correlati all’impiego del nuovo dispositivo.
Ovviamente questo genere di dispositivo non è applicabile a tutti i casi di dolore. Sono infatti necessari nervi ben isolati e localizzabili per indirizzare correttamente il trattamento in fase operatoria. Per le altre condizioni, dunque, bisogna ancora attendere lo sviluppo di nuovi dispositivi ad hoc. Anche l’attuale dispositivo è comunque in fase iniziale e ha bisogno di ulteriori test e perfezionamento per passare all’impiego sull’uomo. Tuttavia già questi primi risultati preliminari ne evidenziano le potenzialità, andando a sostituire il trattamento farmacologico nella cura del dolore.