Infezioni virali, avvelenamento da farmaci e tumorogenesi possono compromettere la capacità di rigenerazione del fegato, con conseguente danno irreversibile. Numerosi approcci in merito alla riparazione del fegato intendono evitare il trapianto di questo organo; questo perché ci si trova, sempre più, di fronte ad una carenza di donatori. Dai dati ufficiali del Centro Nazionale Trapianti nel 2020 si è registrato un calo del -7.8% per quanto concerne il trapianto di fegato.
Il fegato è l’organo fondamentale per quanto riguarda il metabolismo umano ed è collocato nella cavità addominale. Svolge numerose funzioni come la produzione della bile, la gluconeogenesi, la difesa dell’organismo e l’eliminazione delle sostanze tossiche. Presenta quattro tipologie di cellule principali: epatociti, cellule stellate, cellule endoteliali sinusoidali e le cellule di Kupffer.
Più cellule lavorano insieme per supportare le funzioni del fegato, mantenere l’omeostasi e coordinare la risposta cellulare alle lesioni e alla progressione di eventuali malattie. Pertanto, la combinazione di diversi tipi di cellule è essenziale affinché il tessuto epatico svolga le sue capacità metaboliche e sintetiche. Quando il fegato subisce lesioni, le cellule stellate, situate tra il rivestimento endoteliale e gli epatociti, acquisiscono funzioni contrattili, proinfiammatorie e fibrotiche.
Considerando la mancanza di strette connessioni tra cellula-cellula e cellula-matrice nei sistemi di coltura bidimensionali (2D), le ricerche si sono concentrate principalmente sulla costruzione di strutture epatiche 3D, come:
Negli ultimi anni, l’innovazione dell’ingegneria dei tessuti epatici ha mostrato nuove applicazioni del trapianto di fegato che mirano a risolvere la carenza di donazioni e a riparare l’area danneggiata. Nonostante il successo e le nuove ampie applicazioni, progettare un fegato ingegnerizzato è ancora difficile. Il problema principale riguarda la costruzione di vasi sanguigni complessi e di dotti biliari che attualmente non sono in grado di simulare la struttura reale nel fegato.
Tra le strutture ingegnerizzate, gli organoidi possono compensare in larga misura le carenze dei metodi di ricerca tradizionali; questo perchè possono simulare l’attività del fegato, la riparazione dei danni, l’interazione malattia-corpo e lo screening dei farmaci. Allo stato attuale però l’applicazione clinica degli organoidi deve ancora affrontare molte sfide. Inoltre, la stampa 3D combina quasi tutti i vantaggi dei metodi di cui sopra è stato accennato. Può combinare diverse disposizioni cellulari e scaffolds attraverso mezzi come gli hydrogel e varie condizioni rendono questo metodo più adatto per la produzione su scala industriale. Anche se le sfide rimangono, la stampa 3D e gli organoidi potrebbero essere una direzione importante per l’ingegneria dei tessuti epatici e, in futuro, potrebbero portare alla creazione di un fegato completamente ingegnerizzato.
Articolo a cura di Maddalena Ranzato