Rilevare la presenza di anticorpi: prelievi di sangue sostituiti da un cerotto?
È noto, ora più che mai, che in seguito ad un vaccino si dovrebbero sviluppare gli anticorpi in grado di proteggere i soggetti dall’infezione per la quale hanno ricevuto il farmaco. Esistono dei test che, partendo da prelievi sanguigni, permettono di capire se effettivamente sono stati sviluppati gli anticorpi. Questo è fondamentale perché consente di valutare l’efficacia del vaccino. In generale, in ambito clinico è spesso importante analizzare la presenza o meno di alcuni biomarcatori nel sangue, come ad esempio proprio gli anticorpi o anche le citochine.
Il rilevamento di biomarcatori nel liquido interstiziale
I biomarcatori sono presenti nel sangue ma anche nel liquido interstiziale, cioè il liquido che si trova tra le cellule di un tessuto. Il liquido interstiziale, confrontato con il sangue, presenta concentrazioni fisiologiche più basse di possibili biomarcatori proteici. La probabilità di catturare un analita a livello di questo liquido è minore, perciò anche l’intensità del segnale catturato sarà più bassa. Quindi, individuare e quantificare la presenza di biomarcatori nel liquido interstiziale è più difficile. Nonostante ciò la ricerca permette di raggiungere nuovi traguardi.
Un team di ingegneri della Washingtion University di St. Louis ha creato e testato un cerotto costituito da microaghi che viene applicato sulla pelle e permette di catturare biomarcatori di interesse, a livello del liquido interstiziale. Questa tecnologia è in grado di rilevare la presenza dei biomarcatori in maniera ultrasensibile, permettendo quindi di individuarli e quantificarli anche se ce ne sono piccole quantità.
Il cerotto con microaghi per individuare biomarcatori e anticorpi
Il cerotto per il rilevamento dei biomarcatori è una tecnologia a basso costo e facilmente utilizzabile. Il cerotto è costituito da microaghi in silicone che catturano le proteine di interesse a livello del liquido interstiziale. Questi microaghi sono lunghi circa 0.6 mm e non provocano dolore.
I biomarcatori catturati vengono poi quantificati grazie alla fluorescenza, quindi con tecniche di rilevamento già tipicamente utilizzate che si basano sull’utilizzo di molecole in grado di emettere un segnale fluorescente. In questo caso è stato utilizzato il fluoro plasmonico, che permette di migliorare notevolmente il rilevamento, poiché consente di ottenere segnali più luminosi. In questo modo il team di ricercatori è riuscito ad ottenere una sensibilità più elevata rispetto ai risultati convenzionali, quantificando anche biomarcatori dell’ordine di picogrammi per millilitro.
I cerotti con microaghi sono stati testati in modo minimamente invasivo sui topi, effettuando diversi esperimenti. Gli scienziati hanno valutato la presenza di determinate citochine e anche la presenza di anticorpi sviluppati a seguito di un vaccino. Le diverse prove effettuate hanno ottenuto risultati buoni e soddisfacenti.
L’importanza dei risultati in ambito clinico
Nonostante lo studio si sia concentrato solo sul rilevamento di alcuni tipi di biomarcatori, le applicazioni potrebbero essere tante. Questa tecnologia, infatti, non solo può permettere di evitare un prelievo per valutare l’efficacia di un vaccino, ma può essere utile anche per altri scopi. I cerotti con microaghi potrebbero essere utilizzati in ambito diagnostico per situazioni che richiedono una rapida diagnosi. Come riportato nello stesso studio, pubblicato su Nature Biomedical Engineering, il cerotto potrebbe valutare la presenza di troponina al fine di diagnosticare infarto del miocardio. La valutazione potrebbe essere effettuata sul paziente già nell’ambulanza mentre viene portato in ospedale a seguito di un dolore toracico.
È importante notare che la facilità di utilizzo permetterebbe ai pazienti di usare questi cerotti autonomamente anche per monitorare tempestivamente una terapia che stanno assumendo, come i trattamenti antibiotici. Questa tecnologia basata sui cerotti con microaghi è mininvasiva, ultrasensibile e quasi indolore. Risulta, perciò, essere molto importante in ambito clinico.
Tuttavia, bisogna considerare alcuni attuali limiti legati a diversi fattori. Tra questi c’è il problema che i vari livelli di biomarcatori proteici nel liquido interstiziale spesso non sono ben caratterizzati e spesso non è nota la correlazione con la loro presenza nel sangue. Però, aver ottenuto una tecnologia di questo tipo spingerà sicuramente la ricerca a colmare queste lacune di conoscenza per renderne effettivamente possibile l’applicazione.