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Protesi per amputati controllata grazie ai loro pensieri

Negli ultimi anni gli sviluppi degli arti artificiali a controllo mentale sono stati innumerevoli. In uno studio recente, viene descritto come tre soggetti amputati sono riusciti a controllare il movimento di un singolo dito solamente pensando al movimento da svolgere. Lo sviluppo di questa tecnologia è stato reso possibile grazie a un nuovo decoder che riesce ad interpretare i segnali delle terminazioni nervose degli arti amputati con una specificità mai ottenuta prima. I pazienti sono riusciti a controllare una protesi di mano con una accuratezza del 98%.

Funzionamento delle protesi

Sono tre le modalità in cui si può interfacciare un dispositivo con il sistema nervoso di una persona: attraverso il cervello, i muscoli o i nervi periferici. Ad esempio, Neuralink di Elon Musk utilizza un impianto celebrale. Sicuramente questa strada è quella che permette di ottenere i migliori risultati, riuscendo a creare un’ottima interconnessione ed interpretazione del cervello umano. Allo stesso tempo, però, questo approccio ha il rischio di poter danneggiare il tessuto nervoso.

I sistemi che si interfacciano con il muscolo utilizzano il segnale elettromiografico per captare i movimenti del soggetto. Questa metodologia presenta il più basso grado di controllo e risulta essere difficile da apprendere per il paziente. Il team di ricerca proveniente dall’Università del Minnesota, guidata dal professor Zhi Yang, si è concentrato sullo studio e sviluppo di un sistema che si interfacci con i nervi periferici.

Protesi a controllo mentale

Il gruppo del professor Yang ha sviluppato un sistema comprendente un certo numero di impianti posizionati sui nervi periferici dell’arto amputato. In questo modo è sufficiente che il paziente pensi al movimento che vuole fare per replicarlo. Il cervello, infatti, una volta pensato il movimento, trasmette un impulso ai nervi periferici che viene captato dagli impianti. Un algoritmo di intelligenza artificiale decodifica il segnale e invia il comando corrispondente all’arto artificiale. Tutto ciò si traduce in un movimento dell’arto artificiale che esegue le istruzioni provenienti dal cervello.

La realizzazione della protesi

Già in precedenza il team di ricerca aveva sviluppato un’interfaccia nervosa capace di catturare dati in alta qualità partendo dai segnali provenienti dai nervi. Nel loro ultimo lavoro, l’innovazione consiste nel nuovo decoder che sfrutta l’intelligenza artificiale. Infatti, ciò permette di analizzare i segnali dello specifico paziente.

La combinazione dell’intelligenza artificiale e un’interfaccia nervosa periferica offre enormi vantaggi rispetto agli approcci attuali.

Dr. Zhi Yang

Un ulteriore innovazione introdotta dal metodo sviluppato consiste nella rapidità con cui vengono processati i dati. Il nuovo sistema riesce a decodificare sei bits al secondo, mentre gli altri sistemi, hanno tipicamente una velocità inferiore al bit per secondo. Per il paziente ciò consiste in un movimento più fluido e naturale. Inoltre, la semplicità di utilizzo del sistema permette un rapido apprendimento da parte del paziente.

La fase di training

Per imparare ad utilizzare la protesi ai soggetti è stato fatto indossare un guanto per la realtà virtuale sulla mano sana in modo tale da catturare i dati sul movimento della mano stessa. Successivamente al paziente è stato chiesto di immaginare di muovere l’arto amputato mentre effettuava lo stesso movimento con l’altra mano.

 In questo modo, il sistema di intelligenza artificiale riesce ad apprendere i segnali nervosi del paziente, che sono differenti da quelli di un altro soggetto. La combinazione dei movimenti della mano sana e dei segnali nervosi registrati permette di ricostruire finemente il movimento del paziente partendo dal solo segnale nervoso. Dopo solo alcune ore di allenamento i soggetti erano completamente capaci di muovere la protesi.

Sviluppi futuri e avanzamenti

La presenza degli elettrodi potrebbe rendere possibile la stimolazione elettrica dei nervi in modo tale da ricreare alcune sensazioni nel paziente. Questo è uno degli obiettivi del gruppo di ricerca del professor Yang. Inoltre, il team è interessato ad approfondire gli utilizzi di questa tecnologia e ad applicarla per trattare altre malattie che possono trarre beneficio dalla neuromodulazione.