La risonanza magnetica è finalmente destinata a non rimanere confinata nel reparto di radiologia. La startup statunitense Hyperfine è ad un passo dal portare questa preziosa tecnologia direttamente in prossimità del letto del paziente. Questo grazie alla realizzazione di un innovativo dispositivo che ha recentemente ricevuto l’approvazione 510(k) da parte della Food and Drug Administration (FDA) e la sua commercializzazione è prevista per i prossimi mesi. Questa tipologia di approvazione viene rilasciata nel caso in cui venga dimostrata l’equivalenza, in termini di sicurezza ed efficacia, tra il dispositivo che si vuole commercializzare ed un dispositivo già legalmente commercializzato.
La risonanza magnetica, il cui funzionamento è stato trattato in maniera più approfondita in un nostro precedente articolo, è una tecnica di imaging non invasiva che trova numerose applicazioni diagnostiche, soprattutto nello studio dell’encefalo.
L’obiettivo di Hyperfine è quello di renderla maggiormente accessibile, unendo per la prima volta il concetto di Point-of-Care Test, ovvero test eseguibili direttamente nel luogo in cui viene fornita l’assistenza sanitaria al paziente, con questo tipo di tecnologia.
Ciò che rende questo dispositivo trasportabile dove ce n’è bisogno è l’utilizzo di un campo magnetico statico di gran lunga inferiore a quello utilizzato solitamente. Se normalmente si deve disporre di magneti in grado di generare un campo magnetico di 1,5 o 3 Tesla (questi sono i casi più comuni ma esistono macchinari che offrono un campo magnetico superiore), in questo caso viene utilizzato un magnete che genera un campo di 0,064 Tesla. Ricordiamo anche che è proprio il magnete ad essere l’elemento più costoso di un’intera apparecchiatura per risonanza magnetica. Una così grande differenza nell’intensità del campo magnetico porta ovviamente a prestazioni diverse. Va infatti specificato come un dispositivo del genere deve essere visto come uno strumento complementare alla risonanza magnetica standard, non sostitutivo, che però protrebbe rappresentare un’importante risorsa soprattutto per le aree in cui l’accessibilità a servizi del genere è ridotta.
Quanto detto si traduce in un dispositivo portatile, che, rispetto ad un’apparecchiatura standard, ha un costo di ben 20 volte inferiore, maggiore velocità di esecuzione ed un consumo elettrico notevolmente ridotto. Una volta introdotto nella stanza del paziente, questo non va ad interferire con la strumentazione circostante e non richiede particolare riguardo per le componenti metalliche circostanti.
I risultati dei test preliminari svolti, presentati all’American Stroke Association’s International conference di Los Angeles, hanno coinvolto un totale di 85 pazienti affetti da ictus, entro 7 giorni dalla comparsa dei sintomi. Quasi tutti i pazienti hanno sostenuto positivamente l’intero esame dalla durata di circa 30 minuti, ad eccezione di alcuni che hanno dovuto terminare l’esame perché sofferenti di claustrofobia. L’approvazione da parte della FDA comprende l’utilizzo di questo dispositivo per l’imaging cerebrale su pazienti di almeno due anni di età.
“Questi risultati preliminari suggeriscono che il nostro approccio è sicuro ed utilizzabile in un complesso ambiente di assistenza clinica” afferma Kevin Sheth, capo medico presso la Yale School of Medicine.