In Italia, ogni anno, si stima un numero di 3600 amputazioni di arto superiore, di cui l’80% riguardano la mano. Nel mondo circa 3 milioni di persone presentano un’amputazione a livello dell’arto superiore. Si può solo immaginare quali conseguenze possano portare tali amputazioni. Queste persone hanno la necessità e il diritto a tornare a vivere una vita quanto più simile a quella precedente. Le protesi in silicone sono spesso utilizzate dai pazienti con arti amputati perché economiche, facili da indossare e in grado di ripristinare una apparenza estetica accettabile. Ciò nonostante, esse presentano problemi di sudorazione e sfregamento all’interfaccia tra protesi e tessuto cutaneo e, soprattutto, questi dispositivi passivi restano componenti esterni che la persona non percepisce come “propri”, con una conseguente mancanza di fiducia nel dispositivo stesso che ne comporta un minor utilizzo.
Per rispondere a questa esigenza, diversi centri di ricerca hanno progettato protesi cosiddette “intelligenti”. Grazie a una combinazione tra componenti meccaniche e registrazione di segnali bioelettrici provenienti dal paziente, queste protesi “intelligenti” fanno sì che il paziente possa controllarle come se fosse effettivamente una parte del proprio corpo.
Già nel 2007 il concetto di “braccio artificiale intelligente” era presente con un sistema artificiale controllato mediante segnale elettromiografico (EMG), in grado di restituire al paziente la flessione/estensione del gomito, la pronazione e supinazione dell’avambraccio e l’apertura e chiusura della mano. La tecnologia robotica e la ricerca hanno migliorato questa precoce soluzione portando a nuove e innovative soluzioni.
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La comunicazione tra paziente e protesi può avvenire per mezzo di segnali EMG o elettroencefalogrammi (EEG). I segnali EMG, prodotti dai muscoli rimanenti dell’arto superiore, vengono registrati da sensori posti all’interno della protesi a livello dell’interfaccia protesi-pelle e permettono l’attuazione di un determinato movimento. Infatti, ogni volta che un muscolo del corpo si contrae, viene prodotto un piccolo segnale elettrico che i sensori mioelettrici inseriti nella protesi captano. Purtroppo, questi segnali mioelettrici non sono facilmente rilevabili a causa della lesione all’arto del paziente. In questo caso, i segnali EEG sono utili alternative. I segnali EEG vengono registrati mediante elettrodi superficiali a contatto con il capo o elettrodi impiantati mediante procedura chirurgica più invasiva. In alcuni studi è stata presentata addirittura una strategia ibrida basata sulla registrazione di segnali EEG e EMG in grado di ottimizzare la registrazione e la conseguente risposta a livello del movimento protesico.
Queste braccia artificiali “intelligenti” sono il risultato di collaborazioni tra esperti in diversi settori: dalla medicina all’ingegneria meccanica, dall’ingegneria elettronica all’ingegneria biomedica, dalla fisioterapia all’ingegneria dei materiali. Si pensi che il paziente può essere persino in grado di ottenere un feedback sensoriale, grazie a un circuito chiuso che dall’output esterno consente di ricavare un segnale per il paziente.
Diversi centri di ricerca e industrie hanno investito su questa idea di protesi mioelettriche, raffinando sempre più l’aspetto estetico e il risultato funzionale. Ottobock, azienda leader nel settore protesico, propone sul mercato una protesi intelligente per le amputazioni trans-omerale: DynamicArm. Questa protesi presenta al suo interno dei sensori EMG in grado di percepire i segnali della muscolatura rimanente del paziente, permettendo l’attuazione di un motore elettrico per la flessione ed estensione del gomito.
Ossur, invece, propone i-Limb, una protesi multiarticolata mioelettrica per amputazioni a livello della mano. IIT di Genova e il Centro Protesi di Budrio, importanti centri di ricerca in Italia, hanno sviluppato Hannes. Hannes è una protesi per amputati a livello del polso che presenta una fortissima somiglianza alla mano anatomica e contiene al suo interno una tecnologia tale da renderne i movimenti fluidi e precisi allo stesso tempo.
Si stima che il mercato delle protesi di arti superiori sia destinato a superare i 2.300 milioni di dollari entro il 2025. Numerose industrie a livello mondiale e numerosi centri di ricerca stanno investendo e studiando nuove soluzioni per risolvere amputazioni di arto superiore e proporre così dispositivi per tutti in grado di sfruttare le tecnologie odierne minimizzando i costi correlati a tali innovazioni. L’ingegneria biomedica si trova ad effettuare continui trade-off tra ciò che la scienza può offrirci e l’effettiva sostenibilità del prodotto. La ricerca sta facendo passi da gigante, e le nuove tecnologie, la stampa 3D e la ricerca sempre più avanzata ci permetteranno di raggiungere traguardi sempre più all’avanguardia!
Articolo a cura di Chiara Bregoli