È avvenuto presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, il primo intervento a livello europeo di impianto di bronco 3D interamente ricostruito su un bambino di soli 5 anni, affetto da broncomalacia.
In particolare, questa malattia rende difficoltoso respirare a causa del cedimento delle pareti dei bronchi che, comporta una riduzione dell’afflusso di ossigeno ai polmoni, ciò obbligava il bambino a utilizzare macchinari di supporto per la ventilazione non invasiva durante le ore notturne.
Nel corso dell’intervento, eseguito in circolazione extracorporea, i cardiochirurghi hanno spostato le arterie polmonari che causavano lo schiacciamento bronchiale e hanno eseguito l’impianto del dispositivo che è stato posizionato all’esterno del bronco malato ancorando il tessuto indebolito alla gabbietta 3D con delle suture.
Il progetto del bronco 3D nasce negli Stati Uniti, dove sono stati già effettuati ben 15 operazioni di questo tipo ma, in Europa questo intervento è stato il primo e rappresenta il futuro per la chirurgia delle vie aeree in età pediatrica.
Il modello di bronco 3D viene ricostruito su misura a partire da una serie di immagini bidimensionali, acquisite tramite TAC che ricostruiscono perfettamente l’anatomia del bambino e, successivamente si prosegue con la stampa 3D.
I materiali utilizzati sono policaprolattone e idrossiapatite, composto bio-riassorbibile che viene eliminato dall’organismo nell’arco di circa 2 anni, tale tempo è reputato sufficiente dai medici per garantire la reazione fibrosa peribronchiale che in qualche modo “sostituirà” la funzione della cartilagine rovinata: il bronco sarà così in grado di sostenersi da solo e avrà la possibilità di svilupparsi e di continuare a crescere.
L’intervento è avvenuto lo scorso 14 ottobre e, oggi, il bambino è tornato a casa in grado di respirare autonomamente.
I dispositivi 3D realizzati con materiale riassorbibile, destinati a scomparire e ad assolvere la loro funzione in maniera poco traumatica, rappresentano la nuova frontiera della chirurgia delle vie aree in età pediatrica
conclude Adriano Carotti, cardiochirurgo.
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