Romosozumab è un nuovo farmaco usato per curare l’osteoporosi. Esso agisce sulla proteina sclerostina accelerando il processo di formazione ossea.
L’osteoporosi è una malattia caratterizzata da una riduzione della densità ossea che può causare fratture dette “da fragilità”, le quali possono portare a gravi conseguenze e persino alla morte. Esse, non di rado, causano un significativo deterioramento della qualità della vita, diminuzione della mobilità e aumento del rischio di ricovero in cure a lungo termine. Tra le fratture da fragilità con la più alta incidenza, le fratture dell’anca portano a una mortalità del 15-20%, mentre le fratture vertebrali portano a sequele come dolore cronico, disturbi dell’equilibrio, disturbi digestivi e respiratori. Il rischio di sviluppare questa malattia aumenta con l’età a causa di una riduzione dell’attività fisica e della capacità delle cellule ossee di proliferare.
Essa è considerate una malattia femminile. In effetti, i cambiamenti ormonali che si verificano dopo la menopausa determinano sicuramente un aumento significativo dell’osteoporosi e del rischio di fratture nelle donne. Tuttavia, mentre non vi è dubbio che le donne siano maggiormente esposte all’osteoporosi e alle fratture da fragilità, la letteratura indica chiaramente che i medici tendono a sottovalutare l’osteoporosi negli uomini. Il rischio di complicanze fatali negli uomini con frattura dell’anca è superiore a quello delle donne. Il motivo per cui le donne hanno un rischio maggiore di fratture da fragilità rispetto agli uomini è che le donne hanno ossa di diametro inferiore, un processo di riassorbimento osseo più precoce e un rischio maggiore di caduta.
Oltre al normale invecchiamento, ci sono dei farmaci che possono accelerare i processi di riassorbimento dell’osso. Ad esempio, nelle terapie croniche a base di corticosteroidi, usati per curare la bronchite cronica o in caso di malattie autoimmuni, si osserva una riduzione della massa ossea. Anche alcuni farmaci antitumorali, gli ormoni tiroidei, i farmaci usati per il trattamento dell’ulcera e dell’esofagite e gli anticoagulanti eparinici, usati per lungo tempo, possono provocare osteoporosi.
Il trattamento non farmacologico dell’osteoporosi si basa essenzialmente sui comportamenti legati allo stile di vita e non differisce tra uomini e donne. Un sufficiente apporto di calcio e un’attività fisica regolare sono fortemente raccomandati fin dall’infanzia. Anche evitare alcol e fumo è molto importante.
Inoltre, è stato ampiamente dimostrato che il calcio e la vitamina D sono essenziali per il trattamento dell’osteoporosi. Essi devono però sempre essere associati a farmaci anti-osteoporosi.
I bifosfonati sono analoghi del pirofosfato e sono farmaci usati per inibire il riassorbimento dell’osso. Essi hanno il vantaggio di poter essere utilizzati da pazienti di tutte le età con poche controindicazioni anche se, tra i loro effetti collaterali, si può verificare necrosi del tessuto osseo e fratture atipiche, effetti in parte causati dall’eccesso di mineralizzazione dell’osso. I bisfosfonati, di norma, non possono essere usati per più di 5 anni.
Questa limitazione ha spinto a trovare altre terapie utili, come l’utilizzo di anticorpi monoclonali. Denosumab è uno dei primi anticorpi monoclonali approvati contro l’osteoporosi. Il suo vantaggio è che può essere assunto solo poche volte all’anno ed impedisce la maturazione delle cellule deputate all’assorbimento osseo. Come tutti i farmaci, però, anche Denosumab ha degli effetti collaterali: può causare osteonecrosi e fratture atipiche proprio come i bisfosfonati.
Romosozumab (Evenity) è un anticorpo monoclonale approvato da poco dalla Food and Drug Administration per il trattamento dell’osteoporosi. Esso è usato in particolare per le donne in postmenopausa ad alto rischio di frattura, con una storia di fratture osteoporotiche o che presentano molteplici fattori di rischio e intolleranti ad altre terapie.
Questo anticorpo monoclonale agisce bloccando gli effetti della sclerostina, una proteina espressa dalle cellule ossee che ha effetti anti-anabolizzanti sulla formazione ossea. Questa inibizione porta ad un aumento della matrice ossea e ad una contemporanea riduzione del riassorbimento osseo. Romosozumab, con questo suo meccanismo d’azione, contribuisce al miglioramento della struttura e della resistenza ossea, riducendo il rischio di fratture.
Una dose di Romosozumab consiste in due iniezioni, una immediatamente successiva all’altra, somministrate una volta al mese da un operatore sanitario. L’effetto sulla formazione dell’osso diminuisce dopo 12 dosi e a questo punto i pazienti devono iniziare un trattamento di osteoporosi che riduca la disgregazione ossea.
La sicurezza e l’efficacia di Evenity sono state verificate in due studi clinici che hanno coinvolto un totale di oltre 11.000 donne con osteoporosi postmenopausale. Nel primo studio, un anno di trattamento con questo anticorpo monoclonale ha ridotto il rischio di nuove fratture vertebrali del 73% rispetto al placebo. Successivi studi hanno dimostrato che il trattamento con Rosozumab è più efficace sia rispetto ad un trattamento con Denosumab, che con bifosfati. Gli effetti indesiderati comuni di Romosozumab comprendono dolori articolari, mal di testa e si possono osservare anche reazioni al sito di iniezione.