Rooming in, cos’è: è una procedura sicura?
Dopo l’ultima tragedia accaduta a Roma, le donne in dolce attesa chiedono che venga rivisto il modello del rooming in, perché non possono essere lasciate da sole dopo ore di travaglio ed in seguito ad un parto rischiando la vita del bambino.
Cos’è il rooming in?
Il contatto fisico mamma-figlio è consigliabile fin da subito dopo il parto che esso sia naturale o che si tratti di un parto cesareo. La procedura rooming in consiste nel far rimanere il bambino nella stessa stanza della mamma dopo il parto ed infatti è rubricata come “la permanenza del neonato e della madre nella stessa stanza in un tempo più lungo possibile durante le 24 ore, salvo quello dedicato alle cure assistenziali“.
Questa pratica permette di favorirne fin da subito l’allattamento e pone l’attenzione su eventuali segni patologici o di sofferenza del neonato. Stare con la madre consente al bambino di riconoscerne la voce, l’odore ed il battito cardiaco, riuscendo ad abituarsi al nuovo mondo, cosa che non avviene se il bambino viene portato subito al nido. La pratica del rooming in comporta una serie di benefici tra cui:
- Favorisce l’allattamento permettendo al nascituro di potersi attaccare al seno ogni volta che ne sente la necessità.
- Permette di affrontare le prime cure in autonomia del bambino.
- Aiuta il neonato ad abituarsi all’ambiente extrauterino.
- Sostiene i ritmi sonno-veglia del bambino.
Inoltre, l’allattamento materno favorisce il rafforzamento del sistema immunitario del neonato permettendogli di sviluppare gli anticorpi che lo proteggono da numerose infezioni.
Gli svantaggi
Bisogna considerare che, nonostante il rooming in favorisca il rapporto tra la mamma ed il bambino, vi siano anche degli aspetti negativi. Uno tra tutti è l’assenza di supervisione da parte del personale sanitario, che porta le neomamme a non saper affrontare da sole la situazione, essendo stanche dal parto e sono lasciate da sole, senza un familiare od un’ostetrica. Ciò rappresenta un grave pericolo perché la mamma potrebbe addormentarsi durante l’allattamento provocandone la morte dal bambino, come è successo in questi ultimi giorni a Roma.
Quindi come rende il rooming in una procedura sicura?
Un primo passo per rendere il rooming in una pratica sicura è non diminuire il personale sanitario, ma anzi potenziarlo, permettendo alla neomamme di poter gestire il nascituro con l’esperienza delle ostetriche e degli infermieri o poter anche usufruire del nido qualora sentisse la necessità di doversi riposare. Infatti Silvia Vaccari, presidente della Federazione nazionale degli Ordini della professione di Ostetrica dichiara sulla procedura del rooming in:
“L’Organizzazione mondiale della sanità e Unicef supportano il rooming-in – spiega – perché diversi studi dimostrano che tenere il bambino vicino e allattarlo al seno tutte le volte che lo richiede porta dei vantaggi in termini di benessere post-partum e nella crescita futura. La mamma produce più latte che, per il bambino, significa assumere più nutrienti e un antibiotico naturale. Ma non è una pratica adottabile per tutte le donne e in ogni circostanza. Una struttura non può decidere, in assoluto, di ospitare tutti i bambini al nido o, al contrario, lasciarli tutti 24 ore su 24 in stanza con le mamme”
Inoltre, il Covid ha portato diverse restrizioni tra cui l’assenza di una persona fidata durante i giorni di degenza post parto, la mancanza del padre durante il parto o anche il non poter visitare la mamma ed il bambino durante gli orari prestabiliti delle visite.
Il rooming in è da prediligere?
Si, il rooming in può rappresentare un punto di svolta sotto differenti aspetti, dal rapporto che si crea tra la neomamma ed il neonato, alla salute del bambino. Ovviamente il gioco deve valerne la candela, quindi bisogna valutarne tutto il contesto sia la salute della mamma dopo il parto e sia considerare che vi si dovrebbe avere la presenza costante delle ostetriche e la possibilità di poter utilizzare il servizio di asilo nido.
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