La rotationplasty, o più comunemente conosciuta come la Van-Nes o Borggreve Rotation, è un intervento chirurgico che si effettua solitamente sui bambini o adolescenti che presentano amputazioni agli arti inferiori all’altezza del ginocchio, causate a volte dall’insorgere di tumori o infezioni al tessuto osseo.
Sostanzialmente, si tratta della “fusione” tra la caviglia ( ruotata di 180°) insieme a quella del ginocchio, ricreando così un vero e proprio nuovo giunto e presentando una valida alternativa alla protesi stessa.
La rotationplasty non è un rimedio molto recente: il primo, infatti, risale al 1930, utilizzato per curare un paziente con tubercolosi al ginocchio, ma l’argomento diventò meno “oscuro” quando nel 1970 fu utilizzato per curare un paziente con osteosarcoma ( tumore maligno primitivo dell’osso).
Vennero pertanto rimosse le ossa del ginocchio, della tibia e parte del femore, intaccate dal cancro. Le sezioni della gamba sane rimanenti, ovvero parte della gamba e la caviglia furono letteralmente ruotate di 180° e fuse insieme, creando un nuovo giunto che simulava il ginocchio.
La particolare disposizione della rotationplastly permette al paziente di poter indossare protesi di supporto più comode, conferendo un movimento più fluido, dove il piede stesso funge da superficie di appoggio, svolgendo dunque il proprio ruolo naturale.
“Questa soluzione viene utilizzata specialmente per i bambini, rendendo loro possibile svolgere le attività tipiche dell’infanzia, senza impedimenti o restrizioni”
asserisce Mike Gozola, del Hanger Clinic’s Rochester, in Minnesota e che ha pubblicato uno studio sulla retrospective nel 2014, pubblicato nel American Journal of Physical Medicine & Rehabilitation.
“Ciò che desiderano fare, dunque, lo fanno.”
Un altro aspetto positivo è che non viene percepita la sensazione dell’amputazione, ovvero la mancanza di un arto, in quanto viene utilizzato a tutti gli effetti il proprio piede per appoggiarsi e per camminare.
La principale differenza tra la rotationplasty e una protesi “normale” è la presenza del giunto che simula il ginocchio, permettendo al paziente di poter praticare sport, correre, arrampicarsi, ecc.
Risulta, inoltre, una condizione permanente, che non necessita di interventi durante il corso della vita del paziente, anche se può presentare complicanze come infezioni, lesioni nervose, problemi di cicatrizzazioni ossee o fratture varie.
Per l’intervento solitamente si impiegano dalle 6 alle 10 ore, cui segue un periodo di permanenza nella terapia intensiva per 24-48 ore, per assicurarsi che il sangue raggiunga correttamente il piede.
Prima che il bambino possa indossare una protesi, deve trascorrere un periodo di recupero, che varia dalle 6 alle 12 settimane (per assicurarsi l’avvenuta fusione ossea) e coloro che hanno subito anche la chemioterapia, hanno tempi di recupero più lunghi. Pertanto, varia da paziente a paziente.
Ma se è così “miracoloso”, soprattutto per i bambini, perchè non viene largamente utilizzata?
La risposta è da ricercarsi nelle cause scatenanti, specie nel caso del cancro: infatti, non tutti i tumori permettono la buona riuscita della chirurgia, come ad esempio l’influenza della chemioterapia che ha spesso ritardato la procedura.