Long Covid, ora si può fare chiarezza sui processi che avvengono dopo aver superato la malattia che ha causato la pandemia del 2020.
La pandemia è entrata nell’immaginario collettivo di prepotenza. Anche se il peggio è passato, in tanti hanno contratto la malattia e hanno subìto sulla propria pelle anche il long covid, cioè una serie di sintomi collaterali comparsi dopo la guarigione.
Il virus aggressivo non si è fermato neanche davanti al vaccino. Infatti, la terapia vaccinale ha consentito di evitare più morti e di ridurre i sintomi più gravi, soprattutto nelle persone più fragili o con patologie pregresse.
Ora che sono passati 4 anni da quel famoso febbraio 2020, le ricerche non si sono fermate e possono dare una prima risposta sulle mutazioni della malattia all’interno dell’organismo. Infatti, alcune di queste ricerche possono fare la differenza nel prossimo futuro.
Una di queste riguarda il cervello ed è stata pubblicata su una rivista di settore lo scorso 23 agosto. Stando a questo lavoro – al momento condotto solo sui topo – il Covid19 potrebbe intaccare direttamente il cervello. Ecco come!
Uno studio pubblicato su Nature Microbiology mette in evidenza gli effetti del Long Covid nel cervello. Con questo termine si indica la patologia che si riscontra nei pazienti che hanno vinto la battaglia contro il Covid-19, ma che hanno dovuto affrontare un periodo di convalescenza che non si conosceva. Infatti, all’inizio della pandemia chi tornava a casa andava poi al lavoro di lì a poco, perché non si sapeva di questo fenomeno. Gli studi nei tempi successivi hanno permesso di fare chiarezza su questo aspetto.
Gli studi hanno evidenziato che il Covid19 non attacca solo i polmoni, ma anche altri organi, come il cervello. La mutazione comporta la perdita dell’olfatto anche con i polmoni ormai curati e la vista annebbiata, accanto ad alcuni problemi neurologici. Il virus muta moltissimo nella parte della proteina Spike per poter raggiungere il cervello e il vaccino sembra non bastare da studi condotti sui topi. Ora si cerca di capire se questo può portare a nuovi ceppi virali e come affrontarli.
Il Covid-19 non è stato solo una malattia o una pandemia. Per due anni ha cambiato completamente vite e abitudini, generando anche lutti e disperazione. Il periodo di sostanziale benessere dei decenni precedenti ha reso la popolazione mondiale totalmente impreparata a una crisi di questo tipo, mentre la diffusione di malattie anche gravi già nei primi del Novecento era nell’immaginario collettivo. Ora la ricerca rivela che tracce del Covid sono nella nostra mente, ma non solo psicologicamente.
Lo studio ha evidenziato come le ferite del Covid19 non si rimargineranno facilmente. Anche se la malattia non è più la base per una pandemia, resta una patologia da non sottovalutare, accanto all’influenza e alle altre malattie legate alla stagionalità e all’abbassamento delle temperature. Per chi ha contratto la malattia il ricordo resterà indelebile, ma almeno oggi ci sono gli strumenti per affrontare le conseguenze.