La schizofrenia potrebbe essere scatenata da molecole “stonate”
Grazie ad un recente studio si è scoperto che molto probabilmente la schizofrenia, un malattia psichiatrica che colpisce circa l’11% della popolazione mondiale, è causata dalla presenza a livello cerebrale di molecole “stonate” che non riescono a vivere in armonia con le altre molecole presenti nel cervello.
La ricerca è stata realizzata da un team di ricercatori dal Ceinge-Biotecnologie avanzate di Napoli, con l’aiuto di un algoritmo di Intelligenza artificiale ed in collaborazione con esperti di altri atenei italiani. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Schizophrenia, del gruppo Nature e potrebbero aiutare ad individuare nuovi bersagli per future terapie contro la schizofrenia.
Che cos’è la Schizofrenia?
La schizofrenia è una malattia psichiatrica che è in grado di compromettere in maniera grave la sfera emotiva, le relazioni sociali e la percezione di sé di chi ne è colpito. Infatti la parola schizofrenia deriva dal greco e significa mente scissa. Chi presenta questa malattia solitamente non riesce a distinguere la finzione dalla realtà e molto spesso perde il contatto con il mondo vero che lo circonda isolandosi in un suo mondo a parte.
Si tratta di una malattia fortemente invalidante ed è in grado di ridurre le relazioni sociali e lo svolgimento delle normali attività quotidiane. Generalmente i famigliari della persona colpita da schizofrenia si trovano ad affrontare un pesante carico di ansia e preoccupazione, causato anche dai pregiudizi legati a questa malattia.
Di solito la schizofrenia si manifesta tra i 18 e i 28 anni in percentuali più o meno uguali sia negli uomini che nelle donne. Tuttavia in queste ultime tende a comparire in età più avanzata, con un ritardo medio di 3\4 anni rispetto agli uomini. Solitamente, nel periodo che precede l’esordio della malattia, la persona tende a chiudersi in se stessa e appare sempre meno interessata al mondo circostante.
Quali sono le cause?
Le cause della schizofrenia per il momento non sono ancora del tutto note. La maggior parte degli esperti ritiene che sia scatenata da un insieme di fattori combinati fra di loro. Negli ultimi anni sono state fatte differenti ricerche in diversi campi per riuscire a capire quali potrebbero essere i possibili fattori scatenanti.
Si ritiene che i fattori genetici siano i principali fattori che possono far aumentare in maniera esponenziale il rischio di far sviluppare la malattia. Infatti, mentre per i soggetti sani la probabilità di esserne colpiti è inferiore all’1%, questo valore aumenta a 6,5% per i parenti di primo grado di una persona malata. Supera invece il 40% in caso di gemelli identici.
La schizofrenia potrebbe anche essere causata da alterazioni nella funzione di due importanti molecole chimiche, ovvero la dopamina e la serotonina. Esse si occupano di trasmettere le informazioni tra le cellule del cervello. Si ritiene inoltre che anche complicanze durante il parto possano compromettere in qualche modo il cervello del nascituro, con quindi possibili conseguenze a lungo termine.
L’insieme di questi elementi potrebbe contribuire a creare una “predisposizione” individuale a sviluppare la malattia. Infatti, se nelle persone predisposte, nel corso della loro vita, dovessero verificarsi ulteriori eventi traumatici o negativi, la schizofrenia potrebbe manifestarsi. I principali eventi che potrebbero aver un possibile ruolo nella comparsa della malattia nelle persone predisposte sono:
- situazioni di stress marcato (come per esempio, un lutto, un divorzio, un abuso)
- utilizzo massiccio di alcune droghe, come cannabis, cocaina, LSD o anfetamine
Lo studio nel dettaglio
Grazie ad un nuovo studio si è scoperto che molto probabilmente la schizofrenia è causata da molecole “stonate”, presenti a livello cerebrale, che non sono in grado vivere in armonia con le altre molecole.
La ricerca è stata realizzata presso il Laboratorio di Neuroscienze Traslazionali del CEINGE-Biotecnologie avanzate di Napoli, diretto da Alessandro Usiello, professore di Biochimica e Biologia molecolare clinica dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli e Principal Investigator del Centro di Ricerca napoletano.
In questo studio i ricercatori hanno analizzato i tessuti cerebrali post-mortem di individui sani e di pazienti affetti dalla malattia, e hanno scoperto che sono presenti alterazioni biochimiche diffuse nella complessa rete di connessioni neuronali tra le sinapsi della corteccia celebrale, che utilizzano come principale trasmettitore il glutammato.
Tutti gli esperimenti di neurobiologia molecolare e biochimica svolti presso il laboratorio al CEINGE sono stati poi elaborati tramite l’utilizzo di innovative tecniche analitiche basate sul “machine learning”, ovvero una branca dell’intelligenza artificiale. Questo metodo ha permesso di individuare nel tessuto cerebrale delle persone malate variazioni di gruppi di molecole che potrebbero quindi agire come “complessi disfunzionali” di una struttura biologica fondamentale del cervello, nota come sinapsi glutamatergica.
Quindi in questo caso possiamo considerare il cervello come “un’orchestra in cui gli strumenti presi singolarmente funzionano bene, ma che non sono però tra loro intonati”. Perciò i futuri farmaci dovranno agire come “buoni direttori d’orchestra, invece che come silenziatori o amplificatori di singoli strumenti”.