Un team di ricerca americano potrebbe aver scoperto la chiave della longevità. Come? Aumentando l’espressione di un singolo gene (adh-1) che codifica per l’enzima alcol deidrogenasi, sono riusciti a indurre una risposta anti-età negli organismi in laboratorio. Eseguendo alcuni esperimenti su organismi come il Caenorhabditis elegans e il lievito Saccharomyces cerevisiae, gli scienziati sono riusciti a scoprire che l’aumento dell’espressione del gene adh-1 era correlato ad una diminuzione dell’invecchiamento.
La scoperta, spiegata dettagliatamente in un articolo pubblicato sulla rivista Current Biology, è arrivata in modo del tutto inaspettato. Ma questo meccanismo, soprannominato AMAR (Alcohol and aldehyde deidrogenase Mediated Anti-anging Response), ha suscitato molto interesse perché potrebbe avere importanti risvolti anche per la salute degli esseri umani.
Il Caenorhabditis elegans, infatti, condivide più del 70% dei suoi geni con noi umani ed ha sempre dimostrato di essere uno strumento molto prezioso per la ricerca scientifica. Non è la prima volta, che un verme di questa famiglia viene utilizzato per capire come funzionano i processi dell’invecchiamento e precedenti studi avevano fatto pensare che l’autofagia (il processo con cui le cellule del nostro copro cannibalizzano alcuni loro componenti, nutrendosi di proteine e altro materiale inutilizzato) potesse essere la chiave della longevità, ma questa nuova ricerca ha mostrato allo stesso team che l’attivazione di un meccanismo del genere è del tutto superflua.
Abbiamo seguito un’ipotesi molto ben supportata, secondo cui il segreto della longevità risiede nell’attivazione di un processo di ringiovanimento della salute e della durata della vita.
Eyleen Jorgelina O’Rourk, autrice dello studio e ricercatrice senior dell’Università della Virginia
La risposta anti-age può essere indotta, quindi, con un meccanismo molto differente. AMAR aumenta il metabolismo di due sottoprodotti tossici del grasso che con il passare del tempo si accumulano sempre in maggiori quantità all’interno del nostro organismo: il glicerolo e la gliceraldeide.
L’attivazione di questo meccanismo ha migliorato la salute e la durata della vita dei Caenorhabditis elegans del 50%, senza ricorrere all’autofagia. Con il tempo, infine, i membri del team sono riusciti ad attivare AMAR semplicemente aumentando l’espressione del gene che codifica per l’enzima alcol deidrogenasi, ovvero adh-1.
“Speriamo di catalizzare l’interesse nello sviluppo di terapie mirate all’AMAR. Poiché le malattie legate all’età sono attualmente il principale onere sanitario per i pazienti, le loro famiglie e il sistema sanitario, prendere di mira il processo di invecchiamento stesso sarebbe il modo più efficace per ridurre questo onere e aumentare il numero di anni di vita sana e indipendente per tutti noi”.
Eyleen Jorgelina O’Rourk
Per avere una conferma di possibili effetti benefici sull’essere umano, ovviamente, serviranno altri studi. Ma possiamo essere (un po’) ottimisti perché gli studiosi hanno confermato che anche i lieviti hanno potuto beneficiare degli effetti di questo enzima, vedendo migliorare la loro durata della vita. Un ulteriore buon segno? Il team ha anche riscontrato una correlazione tra l’aumento dei livelli di alcol deidrogenasi e il digiuno nei mammiferi, che è da sempre considerato un meccanismo anti-invecchiamento.
Gli studiosi, infatti, pensano che i livelli di glicerolo e gliceraldeide possano aumentare sempre di più con il passare del tempo. Questi sono sottoprodotti del grasso, che immagazziniamo in quantità sempre maggiore man mano che avanziamo con l’età, e quindi l’attivazione del meccanismo AMAR potrebbe “disinnescare” questo processo naturale, aumentando la nostra aspettativa di vita e la nostra salute complessiva.
In futuro, quindi, grazie a questo innovativo meccanismo, potremmo essere in grado di raggiungere agevolmente i 100 anni, evitando di gravare il sistema sanitario di spese legate alle malattie derivate dall’invecchiamento. E forse, perché no, potremmo avere anche un fisico scultoreo grazie alla sintesi del grasso che non si accumulerà più con il passare del tempo.