La sclerosi laterale amiotrofica, nota più comunemente con l’acronimo SLA, è una rara malattia
neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni del sistema nervoso centrale, determinandone gradualmente la morte. È anche conosciuta come “malattia di Lou Gehrig”, dal nome del giocatore di baseball la cui malattia nel 1939 fu portata all’attenzione pubblica; o “malattia di Charcot”, dal nome del neurologo che per la prima volta la descrisse nel 1860. Il termine “amiotrofica” deriva dal greco, che letteralmente si traduce “nessun nutrimento muscolare”. “Laterale” indica le aree del midollo spinale in cui si trovano le cellule nervose interessate.
Esistono diverse patologie caratterizzate da disordini e alterazioni dei motoneuroni (MNDs=Motor Neuron Diseases), neuroni specializzati nel condurre il segnale responsabile della contrazione dei muscoli volontari. Queste alterazioni possono interessare il primo motoneurone (a livello della corteccia cerebrale, nel sistema nervoso centrale – SNC) oppure il secondo motoneurone (a livello del tronco encefalico e del midollo spinale, nel sistema nervoso periferico – SNP). Nel primo caso, le patologie vengono indicate come Upper Motor Neuron (UMN), nel secondo caso come Lower Motor Neuron (LMN).
In condizioni normali, i motoneuroni dal midollo spinale conducono ai muscoli i comandi ricevuti dal cervello per il movimento. Il muscolo, a questo punto, si contrae permettendo i movimenti volontari del corpo. La Sclerosi laterale amiotrofica, che determina una degenerazione dei motoneuroni, causa una progressiva atrofia muscolare. I muscoli volontari non ricevono più i comandi del cervello e si atrofizzano. La conseguenza è una progressiva paralisi dei quattro arti e dei muscoli deputati alla respirazione e parola.
La SLA è caratterizzata da rigidità, contrazione muscolare e una graduale debolezza a causa
della diminuzione delle dimensioni dei muscoli. Questi ultimi, non essendo sollecitati, portano alla
paralisi. Ciò si traduce poi in difficoltà nel parlare, nella deglutizione e infine anche nella respirazione. La morte avviene generalmente in seguito a paralisi della muscolatura respiratoria, di solito dopo 3-5 anni dall’esordio. Tra i segni rari della SLA si è vista un’associazione a forme di declino cognitivo, cioè a forme di demenza. Soprattutto si è notata la correlazione della SLA con la demenza frontotemporale (FTD), associata a alterazioni del comportamento e personalità, disturbi del linguaggio e scarso controllo degli impulsi.
Oggi si ritiene che circa il 5-10% dei casi di SLA siano forme di tipo ereditarie e quindi familiari. È stato individuato un gene la cui mutazione è responsabile della malattia; si tratta del gene che codifica per la proteina superossido dismutasi (SOD1), implicata nella risposta allo stress ossidativo. Questo enzima ha funzione antiossidante e riduce il livello di ione superossido (O2-), un radicale libero tossico prodotto durante il metabolismo ossidativo cellulare capace di alterare le proteine, le membrane e il DNA stesso. Nel caso in cui in una famiglia ci sia almeno un altro caso di SLA, quasi certamente si tratta della forma familiare.
La maggior parte dei casi di SLA (90-95%) sono forme sporadiche della malattia. Benché l’eziologia della SLA sporadica sia sconosciuta, dati epidemiologici indicano che fattori genetici contribuiscono alla sua patogenesi. Anche se finora non è stato individuato alcun correlato alla SLA sporadica, numerosi geni sono implicati come geni di suscettibilità.
Ad oggi, nonostante le cause siano ancora sconosciute, si ritiene che siano diversi i fattori coinvolti. Pertanto, la malattia viene definita multifattoriale. Tra i fattori scatenanti della SLA ad oggi riconosciuti riconosciamo:
Non esiste, purtroppo, un iter diagnostico standard con procedure e test specifici. L’unica possibilità è effettuare una attenta valutazione clinica, da parte di un medico neurologo, andando ad escludere altre patologie. Non esiste una terapia che possa arrestare l’evoluzione della malattia, tanto meno debellarla. L’unico farmaco ad oggi utilizzato è il Riluzolo, che agisce sui livelli di glutammato e può rallentare, in parte, la progressione della malattia.
Sono tanti i gruppi di ricerca che si impegnano nello studiare questa malattia. Se da una parte gli studi clinici vanno avanti, anche quelli nell’ambito tech non sono da meno. Il neuroscienziato Niels Birbaumer e la sua equipe qualche anno fa hanno sviluppato un dispositivo che possa “leggere la mente” di questi soggetti affetti da SLA, non più in grado di parlare o di muovere gli occhi. Si tratta di una cuffia che rileva le variazioni di flusso sanguigno nelle aree del cervello in coloro che la indossano. Analizzando i dati al computer è possibile stabile se il paziente “risponde” si o no alla domanda che gli viene posta.