Medicina

Identificata una proteina decisiva nell’avanzamento della sclerosi multipla

Questa nuova ricerca ha tracciato le diverse proteine che procedono nella lesione progressiva che si verifica in alcuni pazienti con sclerosi multipla. In particolare, è stata identificata C1q, una proteina con un ruolo chiave nella degenerazione. La scoperta è frutto di una ricerca di alto livello iniziata al National Institute of Neurological Disorders and Stroke del NIH e terminata nei laboratori dell’Ospedale San Raffaele di Milano. I dati emersi aprono le porte ad una comprensione dei meccanismi di questo processo infiammatorio e quindi allo sviluppo di nuove terapie.

La sclerosi multipla

La sclerosi multipla (SM) è una malattia autoimmune a decorso cronico. Si caratterizza dalla presenza delle cosiddette “placche”, ovvero delle aree del Sistema Nervoso Centrale soggette a demielizzazione. Questo processo si caratterizza dalla perdita di mielina e dalla comparsa di queste aree come fossero vere e proprie cicatrici. Una volta insorta la malattia accompagnerà il paziente per il decorso della sua vita e l’andamento progressivamente invalidante incide significativa sulla sua qualità di vita. Si stima che nel mondo ci siano oltre 2 milioni di persone affette e in Italia oltre 120 mila.

 

La sclerosi multipla si presenta in diverse forme cliniche con esordio, evoluzione e sintomi diversi tra i vari pazienti. Si identificano cinque forme cliniche differenziate dal loro decorsoNelle forme progressive il processo infiammatorio continua ad espandersi danneggiando ulteriori aree. Le lesioni prendono il nome di “placche croniche attive” e contribuiscono alla perdita delle funzioni cerebrali che si osserva nelle forme più gravi e avanzate della malattia. 

La nuova scoperta

La ricerca è stata guidata da Martina Absinta, neurologa ricercatrice presso il National Institute of Health in America, insieme a Daniel Reich. Iniziata al NIH e terminata in Italia, nel laboratorio di Neuroimmunologia dell’IRCCS Ospedale San Raffale sotto la guida di Gianvito Martino. Hanno analizzato oltre 66 mila cellule identificate nei pressi delle lesioni in espansione. Successivamente le hanno profilate identificandone l’espressione genica. Hanno unito tecniche di analisi di cellule, molecole e tessuti prelevati dal tessuto patologico a diverse tecniche di imaging neurologico, principalmente di risonanza magnetica. L’unione di queste tecniche ha permesso infatti di identificare le cellule dell’anello esterno della lesione sclerotica. Sono proprio queste cellule quelle che sviluppano il processo degenerativo. Il sequenziamento dell’RNA ha permesso poi il confronto con le rispettive cellule dell’individuo sano.

La ricercatrice vanta diversi anni di esperienza nel campo. Aveva già identificato, con uno studio condotto tra l’NIH e la Johns Hopkins, un biomarcatore di risonanza capace di identificare le lesioni croniche nella sclerosi multipla. Questo permetteva di identificare il confine di espansione della lesione cellulare. 

Grazie alla mappa genica è stato possibile identificare la proteina C1q. È prodotta dalla microglia ovvero le cellule immunitarie che prendono la difesa del Sistema Nervoso Centrale. Nello studio hanno dimostrato, su un modello animale, che è possibile ridurre lo stato infiammatorio andando a bloccare l’azione di questa proteina. La stessa ricercatrice spiega:

“Questo lavoro suggerisce che l’infiammazione cronica nella sclerosi multipla progressiva potrebbe essere modulata farmacologicamente. La speranza è che l’inibizione di C1q possa rappresentare un approccio terapeutico nuovo per ridurre le lesioni croniche attive e fermare la progressione della disabilità nella sclerosi multipla”

L’attività della proteina

Il risultato molto dettagliato della mappa dei geni ha permesso di indentificare i gruppi e le espressioni più importanti. In particolare, si sono focalizzati sul ruolo della microglia nell’interazione con linfociti e astrociti.  L’analisi si è concentrata sui processi infiammatori dove, nei pazienti con sclerosi multipla, tali cellule si comportano in modo anomalo portando alla perdita di guanina mielinica e alla degenerazione neuronale.

Credits: Wikimedia – James Heilman

È su questo che si concentra la scoperta in quanto la proteina C1q sembra avere un ruolo chiave nel mantenimento dell’infiammazione cronica. Infatti, un modello sperimentale dimostra come un’inibizione di C1q porta di fatto ad una riduzione dello stato infiammatorio e della progressione della malattia. La speranza è proprio che questo possa tradursi in un nuovo approccio terapeutico che possa ridurre le lesioni croniche progressive e le disabilità che si riscontrano negli stati avanzati della malattia.

Published by
Alessandro Mastrofini