Negli anni ’20 del secolo scorso, una misteriosa e consistente moria di bestiame nelle fattorie canadesi portò alla scoperta di un farmaco divenuto poi di uso comune, il Warfarin, un anticoagulante assai diffuso, che, forse, tutti conoscono più con il suo nome commerciale: Coumadin.
Gli animali morivano dissanguati a seguito di tagli o ferite, anche di lieve entità, e nessuno riusciva a capirne il motivo. Un veterinario canadese, il dottor Frank Schofield, riuscì a svelare il mistero, comprendendo che le ragioni di quelle manifestazioni emorragiche andavano cercate in una pianta chiamata “Melilotus officinalis”, ovvero “trifoglio odoroso”, che era usata comunemente dall’inizio del Novecento come fieno per nutrire il bestiame.
Il problema era legato alla comparsa nel fieno di una muffa: quando ciò si verificava, un composto contenuto nel trifoglio, la cumarina, era convertito in dicumarolo, una sostanza in grado di rendere incoagulabile il sangue. Nelle bestie che venivano colpite dalla muffa, quindi, si verificava un’emorragia interna che le conduceva alla morte.
Karl Paul Link, un biochimico dell’Università del Wisconsin, iniziò a interessarsi al dicumarolo, arrivando a sintetizzarlo in laboratorio e a brevettarlo come farmaco, che venne poi commercializzato come Warfarin, acronimo derivante dal nome della fondazione che finanziò la ricerca, la Wisconsin Alumni Research Fund, abbreviato in WARF, più il suffisso -arin dall’inglese “coumarin”. Questo composto, tuttavia, all’inizio non venne impiegato come agente anticoagulante nell’uomo per il trattamento degli stati tromboembolici, perché ritenuto potenzialmente tossico per l’uomo. Fu utilizzato, invece, come potente topicida.
La svolta si ebbe nei primi anni Cinquanta, quando una recluta della Marina sopravvisse senza gravi conseguenze all’ingestione a scopo suicida di massicce dosi di un topicida, a base di Warfarin, grazie alla somministrazione di una molecola in grado di neutralizzarne l’effetto anticoagulante, denominata vitamina K (da Koagulation). Inoltre, alla diffusione dell’uso del Warfarin come anticoagulante nell’uomo contribuì anche l’intervento involontario di un personaggio famoso, il presidente degli Stati Uniti, Dwight David Eisenhower, che nel 1953 ebbe una trombosi coronarica.
Gli venne somministrato il farmaco considerato più attivo, il Warfarin, anche se si trattava di un veleno per topi, e la terapia (grazie anche all’energia personale del presidente e ad una buona dose di fortuna) ebbe successo. Da questo momento il Warfarin, pur rimanendo un efficace veleno per topi, diventò anche un valido medicamento, diffondendosi in tutto il mondo come cardine terapeutico essenziale della trombosi.
Spesso definito erroneamente come un diluente per il sangue, il Coumadin previene la formazione di coaguli sanguigni bloccando la produzione della vitamina K da parte del fegato. Numerose sono le condizioni patologiche che possono portare alla formazione di coaguli di sangue, con conseguenze spesso drammatiche (e, a volta, letali). Coloro che hanno avuto eventi ischemici d’avvertimento (chiamati anche attacchi ischemici transitori o TIA), così come i pazienti che soffrono di tachicardia o a cui è stata sostituita una valvola cardiaca, vengono solitamente trattati con il Coumadin. P.S. La scoperta di una molecola in grado di neutralizzare l’effetto anticoagulante del Warfarin, la vitamina K, è dovuta ad un ricercatore danese, Henrik Carl Peter Dam, che nel 1935 coniò il termine dalla parola danese “Koagulation vitamin”.