Monitorare ciò che si mangia è sicuramente un’operazione tediosa, che richiede molta dedizione e attenzione. Sebbene i nutrizionisti consiglino a tutti di tenere un diario nutrizionale per monitorare i propri pasti e i nutrienti assunti, ad oggi questa non è prassi comune ai più. Per bypassare tutto ciò i ricercatori della Tufts University of Engineering, negli Stati Uniti, stanno lavorando ad un piccolo sensore in grado di fare questo lavoro per noi.
Ad oggi questo sensore, delle dimensioni di 2×2 millimetri, è un piccolo adesivo che si attacca alla superficie del dente ed è in grado di rilevare e trasmettere l’apporto di glucosio, sale e alcool ingeriti. L’idea di base è che queste informazioni possano essere trasmesse in tempo reale ad un’applicazione di monitoraggio direttamente su un nostro dispositivo mobile o a quello di un medico. Attualmente gli elementi nutrizionali rilevati sono pochi e insufficienti, ma l’obiettivo è di avere un dispositivo che possa lavorare ad ampio spettro e riconoscere tutti i principali nutrienti che ingeriamo.
Dispositivi per il monitoraggio della dieta non sono certo una novità. In passato molti gruppi di ricerca hanno cercato di portare sul mercato sistemi in grado di monitorare ciò che mangiamo. Tuttavia queste tecnologie hanno sempre portato con sé problematiche rilevanti che non li hanno resi fruibili. Tra i problemi si annoverano la necessità di strutture di supporto ingombranti, ad esempio paradenti, l’utilizzo di fili per la trasmissione delle informazioni o, ancora, la continua degradazione dei materiali e la conseguente necessità di un continuo ricambio.
Perché un dispositivo per monitorare la dieta, quindi a stretto contatto con il cavo orale, possa essere ben tollerato, è necessario sia un oggetto di piccolo ingombro, sia per questioni di comodità che di estetica. Da qui l’idea del gruppo americano di creare un sensore miniaturizzato, in grado di aderire alla superficie irregolare del dente in qualunque sua parte, e capace di comunicare dati con l’esterno in maniera totalmente wireless.
Il piccolo oggetto, un vero e proprio dispositivo indossabile, combina un sensore chimico con la tecnologia RFID (Radio Frequency Identification). Il sensore prevede tre strati di cui quello centrale bioresponsivo, in grado di captare e assorbire i nutrienti che entrano a contatto. Gli strati più esterni, costituiti da anelli d’oro di forma quadrata, raccolgono e trasmettono onde nello spettro delle radiofrequenze (RF).
Il principio di funzionamento di questo dispositivo è molto simile a quello delle comuni antenne, in grado di raccogliere e trasmettere onde RF. In base al nutriente che entra a contatto con lo strato bioresponsivo, il sensore cambia colore e modifica le sue proprietà elettriche. Composti chimici diversi fanno sì che il sensore abbia un assorbimento e una trasmissione a diverse RF e a diverse intensità. Le variazioni di intensità permettono di identificare e misurare i nutrienti e analiti in esame.
Ma chi potrebbero essere i futuri utilizzatori di questo dispositivo? Potenzialmente tutti. L’idea di fondo è quella di avere un sensore in grado di fornire in tempo reale, in maniera non invasiva e accurata, un monitoraggio alimentare. Questo può essere utile per chiunque voglia una maggiore consapevolezza circa la propria alimentazione, anche se c’è da ipotizzare che i principali fruitori possano essere soggetti con determinate patologie.
Il piccolo sensore potrebbe ad esempio essere molto utile per persone affette da diabete. Esso, infatti, monitorerebbe il consumo di zuccheri, trasmettendo direttamente le informazioni al diabetologo. Il dispositivo potrebbe risultare molto utile per soggetti con determinate condizioni mediche, come ad esempio per chi soffre di pressione alta e deve limitare il consumo di sale, o per celiaci che devono strettamente evitare il consumo di glutine. Il sistema potrebbe anche aiutare in campo sportivo per rivelare il contenuto di lattato nella saliva di atleti.
Il dispositivo al momento presenta dei limiti circa i composti che può identificare, ma lavorando sullo strato bioresponsivo è possibile pensare di raggiungere risultati molto più ampi del semplice monitoraggio della dieta. Il sensore, adeguatamente potenziato, potrebbe identificare i biomarcatori presenti nella saliva, indicatori di un vasto range di patologie. I biomarcatori sono elementi in grado di indicare lo stato fisiologico e i cambiamenti chimici nel corpo. Un oggetto in grado di rilevarli si porrebbe come perfetto strumento diagnostico.
Allo stato attuale il sensore è ancora in fase di sviluppo e studio. Per poterlo mettere sul mercato, infatti, esso deve superare test che ne dimostrino l’efficacia e la durabilità. Posizionandosi in un luogo molto particolare, quale il cavo orale, il piccolo oggetto deve essere reso quanto più possibile resistente all’abrasione da masticamento.
Gli scienziati puntano non solo a lavorare sugli aspetti meccanici del sensore, ma soprattutto funzionali. Il prototipo mostra un limitato range di elementi chimici rilevabili. I ricercatori puntano all’identificazione di un più ampio range di elementi chimici e nutrienti rilevabili.
Le prospettive che si aprono con un dispositivo simile sono molte e volte a rendere sempre più smart il monitoraggio della salute della popolazione. L’idea principale del gruppo di ricerca americano è quello di avere un oggetto che permetta di aiutarci a tenere un accurato diario nutrizionale. I dati potrebbero essere trasmessi ad un singolo medico che tiene traccia dell’alimentazione del proprio paziente, così come a laboratori clinici in cui si potrebbero creare database di monitoraggio tra loro in comunicazione.