Attualmente (fonte ISTAT), ci sono in Italia 887 mila persone con disabilità uditive e l’OMS ne stima 360 milioni nel mondo. Le difficoltà nella sfera comunicativa si stanno assottigliando grazie all’avvento di nuove tecnologie “smart” specifiche.
Lo scoglio da superare, però, resta il rapporto con le persone normodotate: le persone affette da disabilità uditiva comunicano tramite linguaggio LIS (Lingua dei Segni Italiana), ma la maggioranza della popolazione non ne conosce né i segni, né le convenzioni.
Quella dei segni è una lingua con una precisa sintassi che, attraverso unacodificata di segni, espressioni e movimenti del corpo, riesce a veicolare il messaggio tra persone che ne conoscano gli aspetti verbali e non verbali.
L’idea di costruire un dispositivo che potesse “tradurre” in messaggi vocali la lingua dei segni è venuta a due matricole della Washington University, Navid Azodis e Thomas Pryor, con il preciso obiettivo di migliorare i pochi prototipi già esistenti, sicuramente ingombranti e poco pratici.
Il risultato è un prodotto indossabile, compatto e leggero che, grazie alle moderne capacità di calcolo, è capace di tradurre in maniera veloce, intuitiva e in tempo reale il linguaggio dei segni. La presentazione del loro prototipo gli è valso la vittoria del contest “Lemelson – MIT Student Prize”, riservato ai migliori studenti degli Stati Uniti.
Il sistema dei guanti “SignALoud” è basata su un’idea relativamente semplice, ma di complessità realizzativa non trascurabile.
All’interno del guanto, sono presenti ben 14 sensori connessi, ovviamente, ad un controllore elettronico. Ogni singolo sensore è posizionato in una zona specifica del guanto corrispondente ad un punto preciso della mano.
I sensori sono connessi in “gruppi” in modo che possano essere tradotte anche parole composte da movimenti combinati di dita. Ogni singolo sensore, ogni qualvolta venga flesso dal movimento della mano dell’utilizzatore, trasmette un segnale elettrico al controllore posizionato sul dorso della mano. Il controllore, dopo aver raggruppato i segnali (in un ristretto arco temporale) in uno unico, lo trasmette via wi-fi o bluetooth ad un software che lo tradurrà in una parola specifica, in base alle corrispondenze tra le librerie memorizzate e il database dei segni. Le parole vengono in seguito proiettate in video o sintetizzate in un messaggio vocale.
Questo meccanismo, come facilmente intuibile, è un notevole passo avanti per le capacità comunicative di tutti coloro che soffrono di difficoltà dipendenti dalla disabilità, perché permette una comunicazione istantanea e diretta anche nei confronti di chi non conosce la lingua dei segni: la comunicazione è fondamentale per l’integrazione e questo dispositivo abbatte una delle barriere più difficili da superare.
Purtroppo, il guanto supporta temporaneamente la sola lingua ASL, ossia quello dei segni Statunitense; tuttavia gli sviluppatori sono già a lavoro per ridurre i costi di produzione ed integrare tutti i linguaggi internazionali, rendendo il prodotto di facile accessibilità per tutti.
Attualmente sono in fase di sviluppo diversi prodotti che sfruttano gli stessi principi del SignALoud, ma cercando di migliorarne alcune criticità, come ad esempio l’alimentazione.
I principali progetti da segnalare sono:
– AcceleGlove: sviluppato da un ricercatore sempre della Washington University (Josè Hernandez- Rebollar) che, a differenza del SignALoud, ha lo scopo di trasdurre anche i segnali più complessi del braccio e non solo della mano per poter codificare un numero sempre maggiore di parole. Un dispositivo ancora in fase di sviluppo della Università della California di San Diego che sta puntando all’economicità del prodotto per renderlo disponibile a tutti (utilizzando ad esempio software open source). Attualmente, il costo di realizzazione è già sceso sotto la soglia dei 100 dollari;
– EnableTalk: un dispositivo che punta all’efficienza del dispositivo stesso. Ha una batteria a litio che può essere facilmente ricaricata tramite porta USB ed è dotato addirittura di un piccolo pannello solare, che garantisce un’autonomia notevole tra una ricarica e l’altra. Attualmente il costo si aggira intorno ai 150 dollari (115 euro circa);
– TalkingHands: un prodotto tutto italiano, nato da un’idea del dott. Pezzuoli Francesco e sviluppato in una start-up in collaborazione con l’Università di Camerino ed alcune società private. Particolare attenzione è stata posta all’ergonomia del dispositivo, pensato per essere utilizzato per lunghi periodi. Il dispositivo, infatti, non è un vero e proprio guanto integrale, ma lascia libere le parti sensibili della mano permettendone un utilizzo sul lungo periodo senza limitare troppo i movimenti e le azioni di chi lo indossa e senza privarlo del senso del tatto. La batteria è ricaricabile con un comune caricabatterie per smartphone e basta una semplice app (compatibile con tutti i sistemi operativi) per poter comunicare con un qualsiasi pc, con la possibilità di scaricare nuove librerie con nuovi segni interpretabili.
Il futuro della comunicazione, a portata di “guanto”!
Articolo di Nicola Vinci.