Silvio Berlusconi è morto. Era malato di leucemia ed era stato ricoverato a marzo al San Raffaele di Milano.
Il 27 Marzo Berlusconi fu ricoverato al San Raffaele di Milano per alcuni controlli di routine, portandolo a passare tre notti presso l’ospedale. Dal 5 Aprile, le sue condizioni di salute sono peggiorate notevolmente, riportando il Senatore ad essere nuovamente ricoverato. Secondo quanto si apprende dal bollettino firmato dai professori Alberto Zangrillo e Fabio Ciceri, Silvio Berlusconi è affetto da leucemia mielomonocitica cronica, dichiarando gli stessi:
“L’evento infettivo si inquadra nel contesto di una condizione ematologica cronica di cui Egli è portatore da tempo – spiega il documento – di cui è stata accertata la persistente fase cronica e l’assenza di caratteristiche evolutive in leucemia acuta. La strategia terapeutica in atto prevede la cura dell’infezione polmonare, un trattamento specialistico citoriduttivo mirato a limitare gli effetti negativi dell’iperleucocitosi patologica e il ripristino delle condizioni cliniche preesistenti”.
Nonostante la situazione sia grave, è stazionaria. A stringersi al premier vi sono il partito di Forza Italia, i suoi familiari la moglie ed i figli ed anche Conte, Calenda, Pioli, Salvini, Nordio e molti altri.
La leucemia mielomonocitica cronica (LMMC) è una patologia che si manifesta in seguito all’aumento dei globuli bianchi o monociti. Rientra tra le sindromi mileodisplastico-mieloproliferative e si trova tra le neoplasie mieloproliferative croniche e le sindromi mielodisplastiche.
E’ una malattia che si manifesta in età avanzata e ha due forme una displastica nella quale prevalgono anemia e neutropenia ed una forma proliferativa con un numero elevato di globuli bianchi. L’incidenza annuale è di 1 persone ogni 100.000, anche se si presenta in forma cronica si può trasformare in una leucemia mieloide acuta, molto più pericolosa.
Per identificare la sindrome, bisogna stimare differenti score che valutano i valori dell’emocromo, il numero di blasti e globuli bianchi, la citogenica e la mutazione di alcuni geni specifici come l’ASXL1. L’unico trattamento per ora con più potenzialità di cura è il trapianto allogenico di cellule staminali. Nei casi ad alto rischio non candidabili a trapianto può essere impiegata l’azacitidina e, nei casi proliferativi, l’idrossiurea per controllare la conta dei globuli bianchi. In caso di anemia, nei pazienti a basso rischio può essere utilizzata l’eritropoietina.