Sindrome dell’arto fantasma: una conseguenza dell’amputazione
La sindrome dell’arto fantasma, in inglese Phantom Limb Syndrome (PLS), si riferisce all’insieme di sensazioni percepite in un arto che non esiste più. Inizialmente ritenuto un disturbo di natura psichica, è oggi riconosciuto essere causato da cambiamenti a livello spinale e cerebrale dopo un’amputazione. I pazienti hanno riportato la percezione dell’arto mancante in modi diversi, distinguendo innanzitutto le sensazioni dolorose da quelle indolenti. Il denominatore comune è l’impressione di possedere ancora l’arto, avvertendone perfino la posizione.
Le origini della sindrome dell’arto fantasma
Nella storia della medicina ci sono stati diversi episodi da ricordare per avere un quadro temporale della sindrome dell’arto fantasma. Viene descritta per la prima volta nel 1552 dal chirurgo francese Ambroise Paré, il quale amputando gli arti dei soldati reduci di guerra iniziò a raccogliere le testimonianze dolorose alle appendici mozzate. La stessa condizione viene osservata a Philadelphia durante la Guerra Civile Americana dal matematico e filosofo francese René Descartes, il fisico tedesco Aaron Lemos, l’anatomista scozzese Charles Bell e il fisico americano Silas Weir Mitchell.
Il primo personaggio a considerare la percezione sensoriale alla base della sindrome fu William Portfield, con un manoscritto del diciottesimo secolo nel quale descrive l’amputazione della sua stessa gamba. Solamente negli anni novanta si prende in considerazione la neuroplasticità come spiegazione dei sintomi, ovvero la capacità del cervello di modificare le proprie connessioni neuronali in base all’esperienza. Rimane da capire in che modo i cambiamenti a livello nervoso portano alla sindrome dell’arto fantasma.
Uno studio americano del National Center for Biotechnology Information ha stimato il numero di amputazioni annue negli USA pari a 185.000. Di queste, il 53-100% soffre di PLS. Le percezioni sensoriali dell’arto mancante spaziano da quelle non dolorose, come la percezione di movimento, a quelle esterne. Queste ultime comprendono il tatto, la temperatura, la pressione, la vibrazione e la sensazione di prurito. La caratteristica della sindrome non è la sensazione o il dolore in sé, ma la posizione: si riferisce ad un arto amputato.
È importante fare una distinzione tra la sindrome dell’arto fantasma e il dolore post-amputazione. Infatti, quasi tutti i pazienti operati sviluppano la sindrome, mentre solo nel 51% dei casi si protrae fino ad una sintomatologia dolorosa.
Il dolore dell’arto fantasma
Si chiama Phantom Limb Pain (PLP) e si distingue dalla Phantom Limb Syndrome (PLS) per la presenza di un dolore cronico neuropatico a livello del moncone. Il dolore cronico è molto debilitante, influenza la vita quotidiana del paziente limitandone l’indipendenza fisica ed emotiva, talvolta fino a sfociare nella depressione. Il dolore è associato soprattutto alle amputazioni delle estremità che causano cambiamenti negli assoni periferici e circuiti neuronali del sistema nervoso centrale e periferico. Non è ancora chiaro quali siano le dinamiche nelle proprietà neuronali che scatenano il dolore e da quali sia mantenuto attivo nel tempo. Nella maggior parte delle persone colpite infatti il dolore diminuisce entro un anno dall’operazione, ma resta un 5-10% dei casi in cui persiste in maniera cronica. Il dolore può manifestarsi in un periodo di tempo che va da alcuni giorni fino a un mese dopo l’intervento.
Anche in questo caso, si tratta di una condizione di aumentata sensibilità al dolore che si manifesta a causa di una lesione dei nocicettori o dei nervi del sistema nervoso periferico, chiamata iperalgesia. Ne distinguiamo due tipologie:
- Iperalgesia primaria: sensazione dolorosa nel sito dell’amputazione derivata da cambiamenti minori nel SNP
- Iperalgesia secondaria: sensazione dolorosa al di fuori del sito amputato mediata da cambiamenti nel SNC
Le sensazioni dolorose possono essere correlate al mancato feedback sensoriale e dall’inconsistenza di intenzione motoria. Dopo l’amputazione, le aree del cervello connesse ai nervi degli arti amputati non ricevono più segnali. Il corpo reagisce a questa carenza in modo del tutto imprevedibile e provocando dolore. Ci sono altri fattori da tenere in considerazione, quali le terminazioni nervose danneggiate e la memoria fisica del dolore preoperatorio. Vediamo quali sono i maggiori fattori di rischio riscontrati fino ad oggi.
I fattori di rischio e la terapia
Per capire meglio le dinamiche che portano all’espressione della PLP porgiamo uno sguardo più attento ai fattori di rischio. Innanzitutto, è stata riscontrata una maggiore prevalenza femminile nel disturbo. Altre condizioni includono l’operazione ad arti superiori e la presenza di sintomatologia dolorosa prima dell’amputazione. Il trattamento di questa neuropatia è tuttora una sfida per la medicina del dolore, dunque non esiste una vera a propria terapia specifica. Si può ricorrere ad una terapia farmacologica classica a base di analgesici insieme alla stimolazione del midollo spinale (Spinal Cord Stimulation, SCS).
Un’alternativa sperimentale è la riduzione del volume dei tessuti molli circostanti il neuroma con la tecnologia Coblation. Il neuroma è essenzialmente una proliferazione di fibre nervose che si manifesta come tumefazione nodulare, pur non essendo un tumore. Si trova nel punto in cui avviene l’interruzione di un nervo in seguito all’amputazione, le fibre che si rigenerano dal moncone prossimale non riescono a raggiungere il moncone distale per ristabilirne la continuità.
A queste terapie si affiancano misure alternative per alleviare i sintomi quali l’agopuntura, il biofeedback e la Mirror Box Therapy (MBT). Quest’ultima permette di visualizzare il riflesso dell’arto intatto nel piano visivo dell’arto mancante, costringendo il cervello credere che sia l’arto fantasma a muoversi. I primi risultati riguardo l’efficacia della terapia sono promettenti, tuttavia manca una strategia comune per vincere la disorientante sensazione di possedere ancora la parte del corpo amputata.