La PCOS (sindrome dell’ovaio policistico) è un comune disturbo metabolico-endocrino e una delle principali cause di infertilità femminile in età riproduttiva. E’ chiamata anche policistosi ovarica, anovulazione iperandrogenica o sindrome di Stein-Leventhal, dal nome dei due medici ginecologi che ne diedero la prima definizione.
La PCOS è un disturbo complesso. E’ associato ad eziologia incerta ed è fortemente eterogeneo. Diversi studi hanno dimostrato l’importanza del fattore genetico nel determinare l’insorgenza della patologia. La familiarità, una maggiore concordanza nei gemelli monozigoti (rispetto ai dizigoti) e l’ereditarietà di caratteristiche endocrine e metaboliche associate alla PCOS ne sono un esempio. Si tratta di un disturbo multifattoriale, quindi solo in parte associato a fattori genetici. Questo è dimostrato da:
La diagnosi di PCOS viene facilmente effettuata attraverso ecografia. Le pazienti di solito presentano un numero variabile di follicoli cistici di diametro non superiore a 9 mm. Questi sono il risultato della mancata ovulazione (amenorrea), e riflettono i disordini mestruali tipici di tale condizione. Nella mestruazione fisiologica un follicolo dominante viene selezionato ad ogni ciclo mestruale e dopo l’ovulazione, esso collassa e scompare. Nella PCOS, la mancata ovulazione porta il follicolo a rimanere nelle ovaie per molti mesi. In questo modo si formano tanti follicoli di piccole dimensioni.
Alla classica tecnica diagnostica ecografica si possono aggiungere anche esami ematici o tecniche più invasive (laparoscopia) in casi particolari e selezionati. Un’altra caratteristica della PCOS è infatti l’alterazione ormonale e l’inusuale rapporto tra le gonadotropine FSH (ormone follicolo stimolante) ed LH (ormone luteinizzante). Nelle pazienti con PCOS, il valore di LH è 3 volte superiore a quello di FSH, mentre in condizioni fisiologiche le due gonadotropine sono in un rapporto 1:1.
La sintomatologia varia enormemente a secondo della gravità della patologia e della presenza di fattori di rischio. Di conseguenza il quadro sintomatologico è molto ampio e da qui nasce la difficoltà diagnostica di questa condizione. I sintomi possono essere:
Secondo la convenzione di Rotterdam del 2003, per fare diagnosi di PCOS, è necessario riscontrare almeno due delle tre seguenti condizioni: anovulazione, con conseguenti amenorrea ed infertilità anovulatoria; eccesso di ormoni androgeni che può manifestarsi con acne, irsutismo e disturbi dell’umore; presenza di cisti ovariche, dalla caratteristica disposizione a “collana di perle”.
Esistono due forme di PCOS:
Il tipo II rappresenta la forma più comune ed è associato ad insulino-resistenza. E’ stata riscontrata una maggiore incidenza di PCOS nelle donne appartenenti a famiglie con storie di diabete, iperinsulinemia e obesità. Alla base della patologia vi è un’alterazione della funzione ipotalamo-ipofisaria, ovarica e surrenale. L’ipotesi più recente considera che un meccanismo comune possa alterare sia l’aromatasi, che è l’enzima chiave della trasformazione di androgeni in estrogeni, sia i recettori dell’insulina. Questa è l’ipotesi più accreditata al fine di spiegare il collegamento tra policistosi ovarica e insulino-resistenza.
La terapia può avere diversi scopi:
Nelle donne con PCOS accompagnata da aumento di peso, si è visto che una alimentazione equilibrata agisce positivamente sul ripristino dell’ovulazione. Il trattamento varia a secondo della finalità dello stesso, dei fattori di rischio e dell’entità della patologia. Solitamente esso si basa sull’uso di antiestrogenici per stimolare l’ovulazione. Oggi molte pazienti vengono trattate con farmaci ipoglicemizzanti, nel caso di PCOS associata ad insulino-resistenza. Un nuovo integratore che spesso viene addizionato alla terapia è l’inositolo che agisce sui recettori insulinici in modo da ridurre l’iperinsulinemia.
Non tutte le pazienti con PCOS soffrono di sterilità, dipende dalla gravità della patologia. Sicuramente la sindrome dell’ovaio policistico riguarda una percentuale molto alta di donne in età riproduttiva ed è una delle principali cause di infertilità nella popolazione femminile.