Spesso i trattamenti farmacologici non vengono effettuati come prescritto; ciò si può tradurre in ricoveri ospedalieri ed in conseguenti spese sanitarie evitabili. L’obiettivo dei ricercatori del MIT è stato, allora, quello di sviluppare un dispositivo ingeribile che rilasci gradualmente il farmaco fino alla sua dissoluzione, programmata in funzione del trattamento. La sua realizzazione richiede però l’utilizzo di un particolare materiale idrogel, le cui caratteristiche sono state pubblicate pochi giorni fa sulla rivista Nature Communications.
In precedenza avevamo già constatato l’utilità degli idrogel sia nella stampa 3D di cartilagini, sia nello studio che ha visto la nascita di topi sani da esemplari sterili grazie ad un’ovaia realizzata con una particolare “gelatina”.
Il problema nel rispettare il trattamento si evidenzia principalmente nelle terapie che comportano l’assunzione di più farmaci con dosaggi complessi. Un esempio è la cura della malaria, come accade nei paesi in via di sviluppo.
“Uno dei problemi più importanti nell’assistenza sanitaria è l’inadempienza, la gente semplicemente non prende i propri farmaci. Stiamo lavorando con la Fondazione Bill e Melinda Gates per sviluppare capsule ultra-durature, che potrebbero durare per tutto il corso del trattamento, o che potrebbero essere assunte una volta alla settimana o una volta al mese, a seconda del dispositivo“. Queste le parole di Robert Langer, uno dei co-autori dello studio.
A tal proposito, la soluzione trovata dai ricercatori consiste nella realizzazione di un particolare idrogel con l’intento di impiegarlo nelle resistenti capsule capaci di rilasciare il farmaco, in base allo specifico dosaggio, rimanendo all’interno dello stomaco fino a 9 giorni. Le specifiche che il materiale deve soddisfare sono molteplici: deve essere abbastanza piccolo da poter essere ingerito ed allo stesso tempo abbastanza grande da poter rimanere in posizione, per tutto il tempo necessario, evitando di attraversare il pirolo, la valvola che regola il passaggio del contenuto gastrico verso il duodeno. A questo, si aggiunge la resistenza meccanica che occorre per sopportare le forze di compressione esercitate dallo stomaco.
L’ultima fondamentale caratteristica richiesta è quella di possedere un meccanismo di “auto-distruzione“, che possa essere attivato in caso di reazione allergica o complicanze di vario tipo, così da poter rimuovere la capsula in fretta.
I materiali idrogel, non solo per la loro elevata biocompatibilità, risultano ben adatti allo scopo: essendo gel polimerici con un elevato contenuto di acqua, hanno la capacità di gonfiarsi quando idratati. In questo caso, potrebbero venir ingeriti in forma disidratata, espandendosi successivamente una volta entrati nello stomaco.
Per quanto riguarda la resistenza meccanica, questi materiali sono solitamente formati da una singola rete di catene polimeriche reticolate, risultando morbidi e non abbastanza resistenti. Gli idrogel TTHs, invece, sono formati da due reti polimeriche intrecciate, una composta da alginato e l’altra da poliacrilammide, molto più robuste e durature. Queste reti, inoltre, possono essere facilmente sciolte da specifiche sostanze, anche’esse ingeribili, che fungono da “trigger” per innescare il meccanismo di rimozione rapida attraverso il corpo.
Testati sugli animali, questi materiali hanno dimostrato di resistere alle forze dello stomaco per più di 7 giorni. Non solo, la capsula caricata con lumefantrina, il farmaco utilizzato proprio per la cura della malaria, ha mantenuto un rilascio controllato per diversi giorni.
La ricerca continua e l’intento è quello di espandere l’applicazioni di questi materiali anche in terapie per la perdita di peso e nell’ingegneria tissutale.