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Sport e disabilità: tra innovazione e problemi ricorrenti

sport e disabilità

Al giorno d’oggi seguire il proprio sport preferito è molto semplice. Poi per chi volesse praticarne uno, c’è l’imbarazzo della scelta. Ma non per tutti è così: chi non è normodotato infatti trova ancora molte difficoltà nel nostro paese. facciamo una panoramica sullo sport e disabilità.

Nel corso degli anni, la tecnologia ha favorito lo sviluppo di strumenti sempre più adatti ad aiutare l’atleta nell’esercizio della propria disciplina. Il connubio tra sport e disabilità però, fatica a diventare solido in Italia, laddove gli altri paesi sviluppati spingono per una maggiore inclusione. L’articolo presenta una breve evoluzione recente degli strumenti utilizzati al riguardo e quali ostacoli ci sono per chi vorrebbe praticare sport pur essendo invalido.

Evoluzione degli strumenti

La persona disabile ha bisogno di ausili tecnici sia per la vita quotidiana che per la pratica sportiva.
Fino agli anni sessanta del secolo scorso le protesi erano realizzate in maniera tradizionale, con componenti in legno. In seguito, grazie a tecnologie avanzate di settori come automobilistica e aerospaziale, aziende e centri ricerca compirono passi in avanti. Svilupparono materiali più confortevoli, resistenti e leggeri, usati per articolazioni e componenti capaci di funzionare meglio. Il tutto unito a tecniche di costruzione più semplici.

Le modifiche principali degli ausili tecnici

Una prima rivoluzione fu il sistema di costruzione”scheletrico-modulare”. Lo caratterizza una struttura portante (lo scheletro) fatta di componenti metallici (moduli e articolazioni) che si collegano facilmente tra loro grazie a viti. Per le sue caratteristiche, ha completamente sostituito il sistema tradizionale di realizzazione delle protesi.

I componenti metallici avevano un peso non indifferente e così, a partire dagli anni ’80, i costruttori hanno optato per materiali alternativi. Leghe d’alluminio, di titanio e soprattutto fibre di carbonio, a parità di resistenza meccanica rispetto all’acciaio, hanno meno peso specifico.

Ma il componente più importante è l’invasatura, la parte con il compito di proteggere, contenere il moncone e permettere movimento e controllo della protesi. Anche tale componente in quel periodo subì una sostanziale modifica: dapprima rigida, fu poi introdotto un nuovo sistema ad invasatura flessibile.
Essa consiste in un telaio portante rigido in fibra di carbonio laminato, che trasferisce il carico allo scheletro della protesi. La parte dell’invasatura (in polietilene, ad esempio) a pareti flessibili, garantisce più comfort proteggendo il moncone.

Quegli anni videro una ulteriore innovazione nei piedi protesici. Non più semplice ammortizzatore di carichi, divenne anche un componente capace di rispondere attivamente. I piedi evolsero in dinamici o “ad accumulo-restituzione di energia”. In pratica grazie all’utilizzo di due molle conformate a balestra, una per l’avampiede e l’altra per il calcagno, la struttura compensava il peso. Questo per via dell’accumulo nelle molle stesse di energia cinetica ottenuta deformandosi sotto l’azione del peso in fase di appoggio. In ultimo, per l’arto inferiore, anche se in ritardo rispetto alle altre parti, anche il ginocchio ha ricevuto benefici con l’introduzione di ginocchi multifunzionali.

Sport e disabilità, i problemi per chi vorrebbe praticarli

Oltre agli strumenti protesici, hanno subito miglioramenti tecnologici anche quelli come carrozzine o slittini per sport di gruppo. Modifiche nella struttura in titanio o carbonio, le rendono molto più leggere e maneggevoli, garantendone la robustezza.

Come si vede, dagli esempi e dal paragrafo precedente, la tecnologia ha permesso notevoli sviluppi e attività sportive con risultati simili ai normodotati. Lo sport è stato lo stimolo di questa evoluzione e il miglior terreno dove effettuare sperimentazioni. Il principale problema delle protesi ad elevato contenuto tecnologico però è la loro accessibilità per chi non ha mezzi o associazioni alle spalle. In pratica per il disabile medio sono estremamente funzionali ma anche molto costose.

La situazione in Italia di sport e disabilità

Nel nostro paese si stima che su oltre 3 milioni di disabili solo il 10% pratica sport, a causa di un sistema che non garantisce rimborso di ausili e protesi. Nei centri di riabilitazione di Nord Europa e Nord America il disabile viene inserito in gruppi che svolgono attività di sport – terapia. Questa parte integrante del protocollo riabilitativo da noi non avviene ancora.

Sarebbe importante far collaborare strutture aventi protesi e ausili sportivi per tutti. E aggiungere ortopedici, fisioterapisti e istruttori. Ma non ci sono solo atleti paralimpici a colmare il divario tra sport e disabilità. Se per loro qualche sponsor si trova, per i disabili che vogliono praticare sport a livello amatoriale la sfida è ardua.

Ausili e protesi sono rimborsati da INAIL ai propri assicurati. Ma chi perde la funzionalità del proprio corpo causa malattia o incidenti stradali ha poco o nulla anche se di recente l’INPS ha iniziato a inserire alcuni ausili nel proprio nomenclatore. In compenso le associazioni sono riuscite a far si che le assicurazioni risarciscano danni a seguito di incidenti stradali. Uno o due milioni per chi già praticava sport, che per un giovane di 20-25 anni può equivalere al costo di ausili e protesi.

Da tutto questo discorso si capisce che abbiamo compiuto molti progressi importanti per ridurre i costi. Facilitare l’accesso allo sport amatoriale è un diritto sancito dalla costituzione. Ma in in buona sostanza ci stiamo comportando come in formula uno. In quella sede si studia per vincere il mondiale, ma poi qualcosa delle innovazioni viene riportato nelle nostre utilitarie. Facendone gonfiare a dismisura il prezzo, anche base.