Chirurgia

Stampa 3D e ortopedia: un duo che sarà presto indissolubile

La stampa 3D ha rivoluzionato molti ambiti di lavoro, e la medicina sembra non fare eccezione. L’ortopedia è una delle branche che per prima sta vedendo questo cambiamento: sono numerose le aziende che stanno investendo tempo e risorse nei progetti di stampa 3D, applicata al settore biomedico, e che permetteranno ai pazienti e ai medici di beneficiare delle nuove tecnologie.

Cos’è la stampa 3D?

Con stampa 3D si intende un procedimento che permette di realizzare un oggetto tridimensionale apponendo uno sopra l’altro diversi strati di un materiale scelto da caso a caso, in modo che si crei un oggetto sviluppandolo verticalmente.

In ambito biomedico il concetto di base rimane invariato e viene sfruttato in diversi modi, dando un supporto ai medici prima, durante e dopo un intervento chirurgico ortopedico.

Il prima: la preparazione di un intervento chirurgico

Lo studio preoperatorio una volta era affidato unicamente alle radiografie che rappresentano l’osso unicamente in due dimensioni venendo quindi a mancare la profondità. Questo perché viene rappresentato su un piano quello che è in realtà un solido.

La TC (tomografia computerizzata) permette invece l’acquisizione di immagini da numerose angolature, che elaborate da un software vengono messe insieme generando un modello tridimensionale. Questo viene poi elaborato per generare un file stl che possa essere stampato in 3D creando un modello tridimensionale per la pianificazione dell’intervento. L’intero processo, dall’acquisizione ed elaborazione delle immagini alla stampa 3D, impiega circa 3 giorni. Il modello 3D viene creato in scala 1:1 per effettuare una simulazione dell’intervento da eseguire, pianificando tutte le fasi chirurgiche, scegliendo lo strumentario e determinare i punti critici, velocizzando così i tempi di esecuzione e limitare gli imprevisti intraoperatori.

La Stampa 3D può risultare utile anche nell’aiuto alla cura dei tumori alle ossa. Gli osteosarcomi rappresentano il 2% di tutti i tumori osservati tra 0 e 19 anni. Fino a qualche tempo fa, per le patologie tumorali dell’osso era previsto il sacrificio dell’arto, mentre oggi si tende a salvarlo anche se la resezione della massa tumorale rimane estesa.

I modelli 3D consentono di stabilire i punti esatti in cui eseguire il taglio dell’osso, determinando con precisione la quantità di osso da resecare e la tipologia di tagli, per poi impiantare l’osso proveniente dalla banca con trapianto biologico oppure una protesi totalmente artificiale.

Anche a livello software c’è un rinnovamento in questo senso. Un esempio è e-Lisa: un software in grado di rilevare le fratture ossee. Creato dall’omonima startup nata nel 2016 a Napoli, grazie a degli algoritmi e all’intelligenza artificiale, analizza gli esami di imaging (Rx, Tc, RMN), determinando l’eventuale presenza di fratture ossee. Se il software dovesse rilevare una frattura allora questa verrebbe evidenziata con un riquadro rosso.

e-Lisa è l’acronimo di e-Learning Interactive Surgeon Assistant, e oggi rappresenta un valido supporto diagnostico per i chirurghi permettendo di ottenere una diagnosi automatizzata delle fratture e la relativa indicazione al trattamento, ad esempio indicando al chirurgo la dimensione e il tipo di viti più adatte al caso. In alcuni casi più complessi il programma prevede anche la realizzazione di dispositivi medici su misura, biocompatibili, modellati e poi stampati in 3D.

Il durante: protesi su misura per i pazienti

La stampa 3D è anche usata per creare delle protesi custom made per il paziente. Queste si adattano alle ossa del paziente alla perfezione, in modo da fornire una copertura completa delle superfici ossee tagliate durante l’intervento riducendo così la perdita di sangue.

In questo caso risulta cruciale il tipo di materiale da cui sono composte le protesi “stampatein quanto deve essere necessariamente biocompatibile, ossia non deve indurre reazioni immunitarie nel paziente dopo l’impianto. I materiali principalmente usati per le protesi oggigiorno sono titanio e ceramica ma risulta difficile immaginare come una stampante 3D possa usare un metallo come “inchiostro”.

Questo ad oggi infatti non è possibile, ma un’azienda ha trovato un modo per creare oggetti tridimensionali in titanio utilizzando la stampa 3D. Parliamo di LimaCorporate, azienda di caratura internazionale, impegnata da sempre nello sviluppo di prodotti e servizi per la cura del paziente. Il suo team, composto da 90 ingegneri, è in costante lavoro per l’implementazione della stampa 3D e di altre tecnologie digitali in ambito ortopedico. Il Reasearch and Innovation Center dell’azienda si trova a San Daniele di Friuli, mentre il Centro di Tecnologia Digitale è a Knoxville, Tennessee, Usa.

La soluzione che hanno trovato si chiama Trabecular Titanium. Questo è un biomateriale con una complessa struttura geometrica a rete che può essere ottenuta esclusivamente con una tecnologia di stampa in 3D e che viene utilizzato nell’ortopedia ricostruttiva per la sua leggerezza, l’eccellente biocompatibilità e in virtù delle sue prestazioni meccaniche, che garantiscono eccellenti risultati nella fissazione primaria e secondaria della protesi.

Brevettato da LimaCorporate a metà anni 2000, nel 2015 ha permesso di sviluppare protesi speciali e personalizzate. Gli ingegneri lavorano a stretto contatto con i chirurghi per trovare le soluzioni giuste ai casi, creando impianti protesici unici che rispondono alle specifiche necessità di ogni paziente. Nel video si può vedere come viene stampato il materiale e le proprietà del Trabecular Titanium:

Il dopo: addio al gesso, arrivano i tutori stampati in 3d

Diverse aziende stanno lavorando ad una valida alternativa al gesso: i tutori su misura ottenuti mediante stampa in 3D. Saranno inizialmente disponibili per mano, polso, avambraccio, per gli arti inferiori, e per il busto. Questi tutori sono leggeri e immobilizzano la zona lesionata durante il periodo di guarigione. Inoltre, essendo impermeabili, possono essere utilizzati al mare e in piscina o sotto la doccia.

Il materiale di cui sono fatti è ipoallergenico e la foratura del tutore lo rende perfettamente traspirante, limitando i fastidiosi pruriti spesso associati al gesso. È stato anche dimostrato che riduce il rischio che il paziente sviluppi complicanze dopo il periodo di immobilizzazione grazie al fatto che viene realizzato su misura. Si ridurrà l’incidenza di intorpidimenti, cedimenti e irritazioni cutanee date dal gesso che potrebbero portare a un ri-accesso del paziente alla struttura sanitaria. Un tutore stampato in 3D risulta anche essere sensibilmente più economico rispetto al gesso tradizionale.

Tanti sono anche i progetti in lavorazione non ancora prodotti, come delle ortesi con all’interno dei sensori che possano comunicare con uno smartphone, in modo da informare il medico curante e al contempo il paziente in merito alla sua condizione. Un esempio potrebbe essere il caso di una frattura associata ad una bruciatura sovrastante. In questi casi, utilizzare un gesso tradizionale è quasi impossibile, perché farebbe male al paziente ed impedirebbe di trattare la bruciatura. Si potrebbe però usare un tutore stampato in 3d con una conformazione traspirante e con dentro un sensore che rileverebbe un aumento della temperatura, correlata ad un’infiammazione in corso, rilasciando un antinfiammatorio già addizionato nella plastica.

A cura di Angelo Nicotra.

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