Nella piena atmosfera delle Olimpiadi di Rio 2016, la notizia ci è sembrata alquanto interessante: non esisterebbe infatti un unico modo per allenarsi e guadagnarsi così la possibilità di partecipare alle gare sportive mondiali.
Ci riferiamo ad un dispositivo che comprende delle semplici cuffie in grado di stimolare la corteccia motoria, migliorando così la performance in pista.
A testare questo dispositivo sono ben 5 atleti che stanno attualmente partecipando alle olimpiadi.
Non è ovviamente un sostituto all’allenamento tradizionale, ma aiuterebbe gli atleti a migliorare gesti precisi e performance come partenze o salti di ostacoli.
IL DISPOSITIVO
Le Halo Sport (così si chiamano le cuffie neurostimolatrici) sono state rilasciate dalla Halo Neuroscience, una startup statunitense di cui Brett Wingeier e Dan Chao sono i fondatori.
Il dispositivo è costituito da un semplice paio di cuffie, costituite da un rivestimento di piccoli aghi morbidi che, premendo contro il cranio, permettono la distribuzione di piccoli impulsi di corrente elettrica al cervello, precisamente alla corteccia motoria.
L’arco delle cuffie contiene due elettrodi che offrono una piccola quantità di corrente elettrica alla testa dell’atleta, rivolta ai neuroni nella corteccia motoria, una regione del cervello che coordina il movimento.
La base teorica del dispositivo è il neuropriming, ovvero una sorta di allenamento per la predisposizione dei neuroni; si è dimostrato, infatti, che la stimolazione transcranica a corrente continua (detta anche tDCS) può stimolare l’attivazione del cervello e formare, dunque, nuove connessioni.
Lo studio ha portato gli scienziati a sbilanciarsi sul fatto che questa tecnologia può essere investita nel migliorare la cognizione, aumentare i tempi di recupero e aumentare l’abilità degli atleti.
Non può essere quindi coinvolto solo in campo sportivo, ma può anche essere usato sia nella lotta contro la depressione e la dipendenza sia nel miglioramento della deambulazione dei malati di Parkinson.
A tal proposito, è stato pubblicato nel 2014 nella rivista Neuroscience Letters uno studio che riporta miglioramenti nella velocità, riscontrati in un uomo settantanovenne argentino durante un tango, affetto dal morbo di Parkinson, in modo moderato.
L’ idea che la tDSC potesse aiutare gli atleti è subentrata intorno al 2007, quando i ricercatori italiani hanno dimostrato che la stimolazione della corteccia motoria comportava una riduzione della fatica neuromuscolare ed un aumento della resistenza dei flessori del gomito sinistro, in un gruppo di volontari.
Successivamente, uno studio brasiliano, stimolando le aree del cervello associata con uno sforzo e di auto-monitoraggio, ha riscontrato un aumento potenziato delle prestazioni di resistenza nel ciclismo, in contrapposizione con un altro esperimento brasiliano, che però non ha riscontrato un miglioramento nello sprint in un giocatore di basket.
Chiaramente, queste asserzioni sono in continuo studio, per non rischiare di sfociare in una pubblicità ingannevole del prodotto.
Ad oggi, già 5 atleti olimpici (alcuni già medagliati dalle olimpiadi di Londra 2012) usufruiscono di questo dispositivo e tutti appartenenti all’atletica, in particolare: Hafsatu Kamara, una sprinter della Sierra Leone, Michael Tinsley, ostacolista statunitense (medaglia d’argento nel 2012), Mike Rodgers, staffettista Usa, Mikel Thomas, ostacolista di Trinidad e Tobago e Natasha Hastings (una staffettista statunitense, oro olimpico nel 2008).