La ricerca di un cuore totalmente artificiale è una sfida che coinvolge medici, scienziati ed ingegneri da ormai oltre mezzo secolo. A causa dell’elevato numero di persone che soffrono di patologie cardiache e della scarsa disponibilità di donatori diventa infatti sempre più necessaria l’esistenza di una “macchina” in grado di sostituire il cuore in tutte le sue funzioni. Negli ultimi anni la ricerca ha fatto notevoli passi avanti, rendendo questa possibilità sempre più concreta, ma quali sono, per così dire, gli “antenati” dei cuori che oggi vediamo impiantati in esseri umani? E come si sono evoluti nel corso degli anni?
La ricerca sul cuore artificiale ebbe inizio nel 1935 quando l’ingegnere aeronautico Charles Lindbergh sviluppò la prima pompa a perfusione per consentire la circolazione del sangue durante gli interventi a cuore aperto. Insieme al chirurgo Alexis Carrel realizzò quello che i giornalisti dell’epoca ribattezzarono “cuore di vetro”, dimostrando come un meccanismo completamente realizzato dall’uomo fosse in grado di mantenere ugualmente in vita l’organismo, aprendo così la strada alla ricerca.
Bisogna però aspettare il 1969 per vedere un cuore artificiale impiantato per la prima volta sull’essere umano. L’operazione fu eseguita su un paziente di 47 anni che rimase in vita circa 3 giorni, finché non fu disponibile un vero cuore per il trapianto. Il dispositivo in questione, realizzato dai medici Domingo Liotta e Denton Cooley, è oggi conservato al Smithsonian, il complesso di musei più grande al mondo.
Nel 1982 il fisico statunitense Robert Jarvik ideò un nuovo dispositivo costituito da due pompe in poliuretano alimentate da un compressore, pesante circa 180 kg, così ingombrante da impedire al paziente di lasciare l’ospedale in cui morì 112 giorni dopo l’intervento.
In seguito all’enorme successo raggiunto, lo scienziato fondò la Jarvik HEART che in tempi recenti ha realizzato un nuovo dispositivo a ricarica wireless, il Jarvik 2000, impiantato per la prima volta nel dicembre 2018 in Kazakistan.
Come riportato nell’American Journal of Cardiovascular and Thoracic Surgery, in seguito agli ottimi risultati ottenuti nei trial clinici eseguiti tra il 1993 ed il 2002, l’FDA (Food & Drug Administration) decise di approvare il commercio del Cardio West, oggi conosciuto con il nome SynCardia TAH. Il dispositivo è costituito da due ventricoli indipendenti, separati da un diframma in poliuretano, che controllano il flusso di sangue mediante quattro valvole a disco (SynHal). Nel corso degli anni questo dispositivo ha subito diverse modifiche per far fronte alle complicazioni post-operatorie e ai problemi di discomfort. L’aggiunta di un sistema portatile, il portable Freedom Driver, ha infatti concesso ai pazienti maggiori mobilità e sicurezza una volta dimessi dall’ospedale, mentre la realizzazione di un dispositivo dalle dimensioni ridotte, il SynCardia 50 cc, ha permesso il trapianto in pazienti dal torace più piccolo, come quello avvenuto a Padova nel 2015. Il cuore Syncardia, grazie alla sua elevata affidabilità, rimane uno dei cuori artificiali più impiantati al mondo, le statistiche mostrano infatti un tasso di sopravvivenza dopo l’intervento tra il 72 e l’86%.
Nel 2001 fu per la prima volta impiantato il cuore AbioCor®, un dispositivo realizzato in poliuretano (Angioflex®) e Titanio, sviluppato dalla Abiomed Inc. Il sistema pulsatile elettroidraulico è in grado di pompare circa 8 L/min di sangue tramite l’azione di tre sottosistemi:
Un altro dispositivo sviluppato recentemente, CARMAT artificial heart, ha mostrato risultati promettenti. Il sistema fortemente innovativo è basato su tre principi fondamentali:
Come spiega la rivista Diagnostic and Interventional Cardiology, il CARMAT è stato da poco approvato dall’FDA e si presenta come vera alternativa al trapianto.
Da questa breve rassegna dei principali dispositivi attualmente disponibili, è evidente che la ricerca corre veloce in tutto il mondo, seppur vada riconosciuto l’ennesimo esempio del primato made in USA. Se i primi prototipi erano ideati perlopiù per subentrare all’attività cardiaca fornendo circolazione assistita dall’esterno, oggi la nuova frontiera per la biotecnologia è rappresentata dallo sviluppo di dispositivi che mirano a sostituire permanentemente il cuore umano nella sua funzione di “pompa” dell’organismo. Tra questi, uno dei più promettenti è il cuore in silicone stampato in 3D su cui da anni è in corso una sperimentazione al Politecnico di Zurigo. La speranza per tutti i pazienti, ma non solo, è che in un futuro non troppo lontano possa diventare il degno sostituto di un cuore malandato.
Articolo a cura di Eleonora Folli.