Uno studio identifica delle anomalie multiorgano in pazienti post COVID-19
Gli studi sul Covid-19 continuano a suscitare interesse, per comprendere anche quali possano essere i sintomi e le patologie post infezione. Una nuova ricerca giunge dal Regno Unito, mettendo in luce le persistenti anomalie multiorgano a lungo termine riscontrate nei pazienti Covid. Analizziamo attentamente lo studio e i risultati ottenuti.
La condizione post Covid-19
Coloro i quali contraggono il Covid-19 guariscono completamente, ma le prove e gli studi attuali suggeriscono che circa il 10-20% delle persone può sperimentare una serie di effetti a medio e lungo termine. Questa condizione che persiste anche dopo la conclusione della malattia è conosciuta come effetto post Covid-19, e le persone che ne risentono sono definite “trasportatori a lungo raggio”. I sintomi più comunemente associati possono includere affaticamento, mancanza di respiro e disfunzione cognitiva. Tra i segnali possono figurare dolore al petto, perdita dell’olfatto o del gusto, febbre, tosse persistente, e talvolta anche depressione o ansia.
È importante sottolineare che chiunque può sviluppare una condizione post Covid-19, anche se secondo alcuni studi e stime sembrerebbe che sia più comune in coloro che hanno avuto una fase iniziale di Covid-19 più grave, e che questa condizione si manifesti più frequentemente nelle donne. Inoltre, la durata di questa condizione varia notevolmente da individuo a individuo. Per alcuni, i sintomi possono persistere per alcune settimane, mentre per altri potrebbero protrarsi per mesi.
Per questo motivo, la ricerca sulla infezione post Covid-19 sta crescendo costantemente, al fine di comprendere come il virus possa aver influenzato la salute fisica e mentale di alcune persone.
Le anomalie multiorgano in pazienti post COVID-19
Lo studio condotto nel Regno Unito, guidata dall’Università di Leicester, è parte del progetto C-MORE (Capturing the MultiORgan Effects of COVID-19), al quale hanno partecipato da ricercatori del Dipartimento di Medicina Radcliffe dell’Università di Oxford ed è supportato dal NIHR Oxford Biomedical Research Center (BRC) e dal NIHR Oxford Health BRC, nonché dal BHF Oxford Centre for Research Excellence and Benvenuta Fiducia.
La ricerca coinvolge un campione di 500 pazienti post-ospedalizzati con COVID-19, esaminati circa cinque mesi dopo la dimissione. Questi pazienti sono stati selezionati da 13 centri medici nel Regno Unito e sono stati sottoposti a esami di risonanza magnetica nucleare (MRI) per fornire una visione anatomica dettagliata dei polmoni, del cervello e dei reni. Oltre agli esami diagnostici, sono stati eseguiti prelievi ematici e completati diversi questionari per ottenere una panoramica clinica completa dei pazienti.
I risultati dello studio
I risultati pubblicati su The Lancet Respiratory Medicine offrono un’analisi preliminare su 259 pazienti ospedalizzati per Covid-19 e 52 controlli. La dottoressa Betty Raman, responsabile dello studio C-MORE, ha dichiarato che quasi un paziente su tre presenta anomalie multiorgano, persistendo anche dopo cinque mesi dalla dimissione dall’ospedale. Gli organi maggiormente coinvolti sono polmoni, cervello e reni. L’età del paziente e la gravità dell’infezione acuta da Covid-19 sono stati identificati come fattori significativi per determinare l’entità della lesione.
Questa ricerca enfatizza e conferma ulteriormente che le anomalie riscontrate nella risonanza magnetica multiorgano sono comuni tra i pazienti post-ospedalizzazione, i quali spesso sperimentano un deterioramento della salute mentale e fisica a seguito del COVID-19.
Inoltre, questi risultati sottolineano come i pazienti affetti da patologia multiorgano abbiano quattro volte più possibilità di sviluppare disturbi mentali e fisici. Questo evidenzia ulteriormente l’importanza di monitorare attentamente la salute dei pazienti dopo l’ospedalizzazione per Covid-19.