Superfici sicure grazie al rivestimento anti-covid19 del Politecnico di Torino
Seppur la vita sembra essere tornata alla “normalità”, nonostante rimangono in vigore l’obbligo di mascherine e distanziamento sociale, e i mesi di lockdown sembrano un ricordo lontano, la lotta al Covid19 è ancora in corso e, dal Politecnico di Torino arriva il brevetto di un rivestimento antivirale per superfici in grado di proteggere dal coronavirus.
Il team della professoressa Monica Ferraris del DISAT (Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia) del Politecnico afferma che questo è il risultato di ben 10 anni di ricerca per trovare un materiale dalle proprietà antivirali, antibatteriche e antifungine per poter rivestire superfici così da ridurre le probabilità di contagio.
La novità? Dagli ultimi test è emerso che questo rivestimento è in grado di eliminare eventuali patogeni esterni, tra cui quelli del covid19, permettendo la realizzazione di filtri ancora più sicuri e affidabili.
Come è fatto il rivestimento anti-covid19
Il meccanismo di realizzazione è il co-sputtering, tecnica industriale ed eco-friendly, che viene realizzata in condizione di vuoto durante la quale i materiali target vengono “sparati” sul substrato di qualsiasi tipo (metalli, ceramiche, polimeri), creando così una pellicola sottile.
Nello specifico come si evince dalla figura, il materiale target ovvero quello di cui noi vogliamo utilizzare le particelle viene fatto aderire al catodo, mentre il substrato viene disposto in basso in posizione dell’anodo. Successivamente, la differenza di potenziale impostata da un generatore esterno, provoca la migrazione delle particelle dal catodo all’anodo, generando un rivestimento sottile della forma desiderata.
Inoltre, il termine “Co-“ sta ad indicare che più di un materiale di rivestimento viene applicato su un substrato consentendo la creazione di una vasta gamma di nuove e straordinarie composizioni e leghe con qualità uniche e sorprendenti non possibili senza questa tecnologia a film sottile in rapida espansione.
Nel nostro caso, il risultato è una matrice vetrosa o ceramica (silice, allumina, titania o altri), in grado di inglobare nanoparticelle di argento o altri metalli quali zinco e rame, ed è caratterizzato da elevate resistenze termiche, chimiche e meccaniche in grado di sopportare anche diversi cicli termici fino a temperature pari a 450°C senza modificarne le proprietà antimicrobiche e, soprattutto, senza rilasciare nanoparticelle nell’ambiente circostante.
Il potere antimicrobico, ovvero la capacità di uccidere i microrganismi o inibirne la crescita, avviene attraverso il rilascio ionico ed è modulabile a seconda delle applicazioni attraverso l’ottimizzazione dei parametri di processo.
Campi di utilizzo e prospettive future
Ad oggi, il brevetto è stato depositato e grazie all’accordo raggiunto tra Politecnico di Torino e Gv Filtri di Baldissero Torinese, un’azienda specializzata da 30 anni nello sviluppo e produzione di filtri industriali, è stato fondamentale per completare il processo di trasferimento tecnologico dell’invenzione con l’obiettivo di portare la tecnologia sul mercato introducendo una significativa innovazione nei prodotti esistenti e/o creando prodotti completamente nuovi.
Inoltre, i campi di applicazione sono i più vari: dalla realizzazione di filtri per l’aria, come rivestimento di dispositivi biomedici o oggetti di uso comune (uno tra tutti il cellulare), utilizzabili in sistemi di protezione personale arrivando, addirittura, nel campo aerospaziale per coprire parti di moduli gonfiabili soggetti a proliferazione dei microorganismi.
[amazon bestseller=”mascherine” items=”5″]