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Svizzera, suicidio assistito legale ma la ‘capsula della morte’ no | Polizia ferma gli inventori di Sarco

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Svizzera, suicidio assistito legale ma la capsula della morte no | Polizia ferma gli inventori di Sarco (Pixabay foto) - www.biomedicalcue.it

In Svizzera è legale il suicidio assistito, ma la capsula della morte? La polizia arresta i responsabili. Scopri cos’è successo.

Il suicidio assistito è una tematica che continua a suscitare dibattiti e discussioni in tutto il mondo. A differenza dell’eutanasia, dove un medico o un’altra persona somministra una dose letale al paziente, nel suicidio assistito è lo stesso individuo che compie l’atto finale, generalmente ingerendo o iniettando una sostanza letale fornita da terzi. Questo tipo di pratica è legale solo in alcuni paesi, spesso con rigide regole e controlli per garantire che la decisione del paziente sia libera e consapevole.

In Svizzera, uno dei pochi paesi dove il suicidio assistito è consentito, esistono organizzazioni che forniscono assistenza in questi casi. Queste associazioni operano in un quadro legale definito che richiede un’analisi approfondita dello stato di salute e delle intenzioni della persona richiedente. La persona che desidera morire deve dimostrare di soffrire di una malattia grave o incurabile e, soprattutto, deve dimostrare di avere una chiara capacità di discernimento.

In questo contesto, è importante sottolineare la differenza tra il suicidio assistito legale e il rischio di abusi o pressioni esterne. Le normative svizzere, infatti, sono state ideate per evitare che decisioni di vita così gravi siano prese senza una valutazione approfondita e ponderata. L’idea è di proteggere i diritti del singolo, ma anche di assicurarsi che la scelta sia il frutto di una decisione autonoma e ben pensata, evitando influenze esterne o manipolazioni.

Nonostante queste regolamentazioni, il tema rimane controverso, soprattutto per l’innovazione tecnologica legata ai metodi utilizzati. In alcuni casi, nuovi dispositivi o tecniche sollevano preoccupazioni etiche e legali, portando a interventi giudiziari o politici per chiarire i confini della legge.

La capsula Sarco e il caso svizzero

Recentemente, un caso in Svizzera ha sollevato l’attenzione su un nuovo dispositivo, chiamato capsula Sarco, progettato per facilitare il suicidio assistito. La polizia cantonale di Sciaffusa ha arrestato diverse persone coinvolte nel primo utilizzo di questo dispositivo, che ha portato alla morte di un cittadino americano di 64 anni. Secondo quanto riportato, la capsula funziona rilasciando azoto e provocando asfissia in pochi minuti.

Il dispositivo, inventato dall’attivista australiano Philip Nitschke, permette a chi lo utilizza di premere un pulsante per attivare il rilascio dell’azoto, eliminando l’ossigeno nella capsula. La morte sopraggiunge rapidamente, senza dolore, secondo quanto affermato dall’inventore. Tuttavia, l’uso della capsula ha sollevato questioni legali, poiché non soddisferebbe i criteri di sicurezza svizzeri per i prodotti chimici, come dichiarato dal ministro della sanità.

Letto ospedale
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Il procedimento penale e le conseguenze legali

Dopo questo primo utilizzo, la polizia ha sequestrato la capsula e ha avviato un procedimento penale contro i coinvolti, per istigazione e aiuto al suicidio. Il dibattito ora si concentra sulla legalità del dispositivo e sulle sue possibili violazioni delle leggi cantonali.

Il caso ha attirato l’attenzione anche per il prezzo simbolico dell’uso della capsula, fissato a soli 20 euro, giustificato dal costo del gas azoto utilizzato nel processo. Nonostante le dichiarazioni degli ideatori, che affermano di non avere scopi di lucro, le autorità stanno valutando le implicazioni legali e etiche di tale tecnologia. La Svizzera, pur tollerante verso il suicidio assistito, potrebbe dover riconsiderare le normative in merito, soprattutto alla luce di queste nuove modalità che coinvolgono tecnologie avanzate e facilmente accessibili.