Home / Ingegneria cellulare e tissutale / Tecnologia 3D al servizio del cervello
I latticini potrebbero aggravare i sintomi della Sclerosi Multipla

PH: repubblica.it

A cura di Valentina Casadei

La collaborazione tra diverse aree di studio per la ricerca e la realizzazione di nuove tecnologie è uno degli aspetti su cui investire a favore del progresso scientifico; proprio su questo proposito si è basata una ricerca per un nuovo modo di curare le malattie neurodegenerative, sostenuta dal National Institute of Biomedical Imaging and Bioengineering (NIBIB), un settore del NIH (National Institute of Health).

Neurons scaffold 3D
NEURONI UMANI (IN ROSSO) SI SVILUPPANO ATTRAVERSO LA MICRO IMPALCATURA IN 3D . CREDIT: PRABHAS MOGHE, RUTGERS

Un team, che vede il coinvolgimento di scienziati e ricercatori, tra ingegneri biomedici e specialisti delle cellule staminali, ha portato alla luce una tecnica alternativa di integrazione delle cellule staminali per la cura diretta dei neuroni “infetti”, come soluzione ad una precedente ricerca, che consisteva nell’iniettare direttamente le cellule staminali nel tessuto cerebrale, causando tuttavia un alto tasso di mortalità delle stesse,compromettendone quindi la sopravvivenza e la cura. Ciò che si è pensato di fare per ovviare a questo ostacolo è stato creare una sorta di “rete” in cui le cellule staminali iniettate potessero “attecchire” e quindi sopravvivere nell’ambiente biologico ospitante.

Come spiega Rosemarie Hunziker, Ph.D., direttrice del NIBIB Program in Tissue Engineering and Regenerative Medicine

L’idea è stata quella di creare delle vere e proprie impalcature di materiale polimerico biocompatibile, su cui le cellule staminali potessero aderire senza problemi.

Sebbene questa idea abbia portato soluzioni positive al precedente problema di necrosi delle cellule,la realizzazione della “rete” ha comportato non pochi problemi,specialmente per quanto riguarda la dimensione.

La dimensione migliore è una intermedia,abbastanza grande da contenere le cellule ma sufficientemente piccola da permettere all’ambiente ospite di poter creare interazioni cellulacellula, necessarie per consentire il passaggio di segnali elettrici e delle informazioni.

spiega Prabhas Moghe, Ph.D., Professore di Ingegneria Biomedica e Chimica dell’Università di Rutgers.

La sperimentazione ha dato ottimi risultati sia in esperimenti ex vivo, sia su modelli animali utilizzati (topi) in vivo, con un aumento del tasso di sopravvivenza delle cellule di quasi 40 volte.

Un ulteriore risultato è stato che le cellule impiantate nelle impalcature sono in grado di produrre proteine atte alla crescita e alla maturazione delle sinapsi neurali,aspetto chiave che sottintende una perfetta integrazione di materiale esterno in un ambiente biologico, che sta alla base di un trapianto di successo.

Al momento, le ricerche si stanno concentrando maggiormente sulle cure per il morbo di Parkinson, con la possibilità di poter creare cellule in grado di produrre dopamina, coinvolta direttamente nelle complicazioni che caratterizzano la disfunzione.

Per approfondimenti consultare Nature