Innovazione

Terapia genica: creato un protocollo per evitare la chemioterapia

Presso l’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica di Milano, è stato ideato un nuovo protocollo terapeutico che potrebbe abbattere una delle principali barriere che ostacolano l’applicazione del trapianto di cellule staminali in terapia genica; ovvero la necessità di somministrare farmaci chemioterapici prima di infondere nei pazienti le cellule corrette.

Questo nuovo protocollo, ottenuto grazie alla combinazione di approcci molecolari e tecniche innovative basate sull’RNA messaggero, risulta essere più sicuro e meno debilitante. Esso potrebbe ampliare il numero di pazienti e di patologie per cui la terapia genica potrebbe rappresentare un’opzione concreta.

“I risultati ottenuti rappresentano un traguardo importante per le applicazioni di terapia genica basata sulle cellule staminali del sangue e spianano la strada verso regimi terapeutici che non prevedano più l’impiego di chemio o radio-terapia, minimizzando gli effetti collaterali a breve e a lungo termine causati dall’elevata tossicità di questi trattamenti”

Luigi Naldini, direttore di SR-Tiget e professore presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
I ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (Credit @UniSR)

La terapia genica

La terapia genica è un trattamento innovativo della medicina moderna che consiste nell’utilizzare i geni come veri e propri farmaci. In alcuni casi, è possibile anche inserire materiale genico (DNA o RNA) all’interno della cellula, per poter prevenire o combattere una specifica patologia.

Questi particolari tipi di farmaci, attualmente, vengono usati in ambito clinico per curare alcune malattie rare che sono causate da problemi in specifici geni. Tuttavia, sono in fase di studio anche terapie geniche per la prevenzione o il trattamento di numerose altre malattie, che vanno dai tumori alle malattie infettive, dal diabete ad alcune malattie cardiovascolari.

Per quanto riguarda le malattie ematologiche, in linea generale, il protocollo di terapia genica prevede tre fasi differenti:

  • Raccolta delle cellule staminali del sangue dal paziente
  • Correzione genetica in laboratorio
  • Re-infusione (o trapianto) nel paziente delle “nuove” cellule staminali.
Credits: Notiziario Chimico Farmaceutico

Il ruolo della chemioterapia nei protocolli di terapia genica

Durante la prima fase del protocollo, il paziente viene sottoposto a trattamenti farmacologici per fare in modo che una parte delle cellule staminali, presenti nel midollo osseo, possa raggiungere il circolo sanguigno. Questo tipo di trattamento è anche noto con il nome di “mobilizzazione. Una volta che le cellule staminali hanno raggiunto il sangue, possono essere prelevate, purificate e trasferite in laboratorio, dove vengono poi corrette geneticamente con vettori lentivirali per il trasferimento genico o con procedure di editing tramite CRISPR.

Tuttavia però, prima di poter ritrapiantare le cellule corrette nel paziente, è necessario andare a eliminare a livello del midollo osseo tutte le cellule staminali portatrici della mutazione patologica che sono rimaste nel paziente. Questo passaggio è fondamentale in quanto, una volta eliminate le cellule “malate”, quelle “corrette” sono in grado di ripopolare con la loro progenie corretta tutte le linee cellulari sanguigne.

Per poter eliminare queste cellule si devono seguire dei protocolli, chiamati di “condizionamento”: essi prevedono che il paziente venga sottoposto a chemioterapia (o radioterapia). Questi trattamenti vengono realizzati solo in caso di gravi malattie e solo su quei pazienti che sono “idonei” a riceverli, in quanto trattamenti di questo tipo presentano un’elevata tossicità sia acuta (danni alle mucose, alto rischio di infezioni talvolta anche letali) che a lungo termine (danni agli organi, secondi tumori, sterilità).

Quest’ultimo passaggio rappresenta quindi la principale barriera che ostacola un utilizzo più ampio e sicuro delle cellule staminali in terapia.

Il nuovo protocollo

Tuttavia, grazie ad uno studio realizzato da gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget), si è scoperto che i farmaci utilizzati per la mobilizzazione, se utilizzati massimizzandone l’efficacia, possono creare, in una finestra temporale ristretta, uno spazio sufficiente nel midollo osseo che permette l’attecchimento delle cellule staminali corrette senza ricorrere a chemio o radioterapia.

L’idea alla base della scoperta è quella di andare a mettere in competizione tra loro le cellule corrette con quelle residenti e ancora portatrici della mutazione. Questa “competizione” permetterebbe alle cellule “corrette” di andare a ripopolare più facilmente la nicchia staminale all’interno del midollo.

Credits: AVIS

Lo studio

Il primo passo della ricerca è stato quello di andare sfruttare appieno il trattamento di mobilizzazione: questo trattamento, per poter svolgere la propria funzione, va a danneggiare le proteine di superficie che le cellule staminali del sangue utilizzano per ancorarsi all’interno del midollo.

Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che queste “proteine-ancora” vengono efficacemente ricostituite nelle cellule corrette durante la fase di coltura in laboratorio. Quindi, se vengono reinfuse al picco di un trattamento di mobilizzazione, le cellule corrette hanno il vantaggio nell’occupare la nicchia rispetto a quelle appena esposte al trattamento. 

Inoltre, i ricercatori hanno anche pensato di utilizzare la tecnologia a RNA messaggero, che permette di aumentare, anche se in modo temporaneo, l’espressione delle proteine-ancora.

Abbiamo iniziato a testare l’utilizzo di RNA messaggero per promuovere l’espressione temporanea di un gene ancora prima dello sviluppo dei moderni vaccini a mRNA. Ora, forti degli straordinari risultati in termini di efficacia e sicurezza nei vaccini, possiamo sperare in una transizione più rapida in clinica.

Attya Omer Javed

Grazie all’utilizzo di cellule di donatori sani, pazienti e modelli animali, i ricercatori sono stati in grado di dimostrare l’efficacia terapeutica del nuovo protocollo di trapianto, accoppiato a mobilizzazione, in un modello animale di immunodeficienza primaria.

Successivamente, applicando il protocollo in un modello sperimentale con cellule staminali umane, sono stati in grado di dimostrarne la versatilità di applicazione anche nel contesto delle procedure di trasferimento genico con vettori lentivirali o di editing genetico con CRISPR. Questo sta aprendo la strada ad un prossimo sviluppo clinico.

Se l’efficienza di scambio ottenuta dopo potenziamento transitorio delle cellule geneticamente corrette negli esperimenti appena descritti fosse replicata nell’uomo, potrebbe risultare efficace per il trattamento di numerose malattie genetiche, dalle immunodeficienze primarie ad anemie ereditarie e malattie da accumulo, e non solo, aprendo nuovi orizzonti di applicazione per le moderne tecniche di terapia genica e cellulare

Attya Omer Javed
Published by
Denise Zuccotti