Covid-19

Il tortuoso sentiero verso il vaccino contro il coronavirus

Articolo a cura di Giulia Nucci.

Karl Popper diceva che la scienza “più che un sistema di credenze, può essere considerata un sistema di problemi”. Certamente non possiamo dubitare che se Popper si trovasse a vivere ciò che il mondo sta vivendo in questo ultimo periodo, sarebbe tristemente lieto di riconfermarsi. I luoghi principali dove le parole del filosofo austriaco trovano conferma sono oggi aziende farmaceutiche e centri di ricerca. Qui ci si sta confrontando con uno dei problemi più impegnativi con cui la scienza farmaceutica ha dovuto misurarsi negli ultimi anni. Si tratta del coronavirus SARS-CoV-2 e del suo vaccino.

A rivelare l’avvio del primo studio sperimentale sull’uomo è un funzionario del National Institute of Health (NIH), ente finanziatore dello studio. Ma dove si svolge uno studio di questo tipo e quale percorso segue? I test dei ricercatori per il vaccino contro il coronavirus si terranno presso il Kaiser Permanente Washington Health Research Institute di Seattle. Si partirà con la fase I dello studio clinico, nella quale 45 giovani volontari sani riceveranno differenti dosi di vaccino, sviluppato da una collaborazione tra NIH e la start-up biotech americana Moderna.

Concept vaccino coronavirus

È chiaro come gli aspetti di uno studio di questo tipo siano molteplici. I ricercatori si trovano infatti a dover identificare un obiettivo principale, esso consisterà però solo nel punto di partenza da cui si svilupperanno ramificazioni per altre, successive considerazioni. In questo caso il primo step sarà quello di esaminare la risposta immunitaria dei partecipanti al test, valutando i benefici che il vaccino apporta loro. I risultati di questa prima fase metteranno le basi per quelli che saranno i successivi trials. Sì, perché da un trial clinico non ci si può aspettare che sia immediato e istantaneo. Si tratta piuttosto di uno studio di tipo biomedico che, attraverso varie fasi, analizza e sperimenta un tipo di terapia per valutarne l’efficacia. Un processo, insomma, che può richiedere moltissimo tempo.

Per quanto riguarda il percorso che la ricerca intraprenderà verso lo sviluppo di un vaccino contro il coronavirus, sappiamo già qualcosa. Normalmente si è abituati a pensare che un vaccino contenga una piccola parte di quell’agente infettante che vuole contrastare. Non è esattamente così. I vaccini tradizionali consistono in una forma inattivata di un virus o di un agente patogeno. Tuttavia, non sempre inducono risposta immunitaria, motivo per il quale è necessaria l’aggiunta di alcune sostanze chimiche (gli adiuvanti) che possono produrre reazioni avverse. Tutto questo ha spinto la ricerca verso soluzioni di ottenimento più veloci, cercando di mantenere una risposta immunitaria ottimale. Le nuove tecniche prevedono l’utilizzo del DNA ricombinante, che non produce reazioni avverse e che consente di ottenere vaccini in tempi rapidi, avendo a disposizione il DNA o l’RNA di interesse. Il vaccino sperimentale contro il coronavirus quindi non contiene il virus, bensì un tratto specifico di RNA messaggero che contiene le istruzioni per costruire un recettore uguale a quello sulla superficie del virus, consentendo al sistema immunitario ospite di riconoscerlo e bersagliarlo.

Questo è il percorso che i ricercatori si sono posti di seguire. La strada per sviluppare un vaccino, regolarmente utilizzabile sulle persone, è però ancora lunga e tortuosa.

[bquote by=”Anthony Fauci” other=” direttore del National Insitute of Allergy and Infectious Diseases presso l’NIH “] Stiamo parlando di un anno o un anno e mezzo.[/bquote]

In effetti il cammino di un trial clinico verso lo sviluppo di un vaccino è, di solito, piuttosto lungo. I trials clinici sono infatti suddivisi in varie fasi e prevedono analisi attente, cambiamenti di direzione e innumerevoli sperimentazioni. Come si articolano e quali sono le fasi verso lo sviluppo di un farmaco o di un vaccino?

La strada verso lo sviluppo di un farmaco. Le tre fasi

Un farmaco è una sostanza impiegata per curare o prevenire una specifica malattia. Per comprenderne le proprietà, l’efficacia, il rapporto tra rischi e benefici, la molecola chimica studiata deve essere sottoposta ad un lungo iter di studi, condotti in laboratorio sugli animali ed infine sull’uomo. Si tratta di un percorso che prevede diverse fasi: la sperimentazione pre-clinica, la sperimentazione clinica (clinical trials) e l’autorizzazione all’immissione al commercio. Si parte dall’identificazione della malattia e del target terapeutico. Viene quindi definita una strategia di ricerca e potenziali prodotti terapeutici.

La sperimentazione pre-clinica. Studi in vitro e studi in vivo

A questo punto si può passare alla fase di test in vitro, nella quale le molecole selezionate vengono messe a contatto con colture cellulari e sottoposte ad una serie di test volti alla valutazione della tossicità delle sostanze. Dopo aver verificato possibili effetti terapeutici, si può passare agli studi in vivo: la sperimentazione animale per valutarne l’efficacia. Questa prima fase pre-clinica è fondamentale per valutare il livello di tossicità della molecola sviluppata, per identificare la via di somministrazione più adeguata, per comprendere come viene assorbita e successivamente eliminata da un organismo vivente complesso.

Test in vitro

La sperimentazione clinica

Solamente a questo punto si passa alla sperimentazione clinica, che si articola in tre fasi: I, II e III. La fase I, quella raggiunta nella sperimentazione per il vaccino contro il coronavirus, consiste nel determinare sicurezza e tollerabilità del farmaco a diversi dosaggi e valutarne la risposta immunitaria indotta. Se il livello di tossicità risulta essere accettabile nel rapporto beneficio/rischio, allora si può passare alla fase II. Questa è definita anche come proof of concept, la prova di verifica rispetto alla validità di quanto si è fatto fino a quel momento. Qui viene studiata la capacità di produrre gli effetti curativi desiderati e quale sia la dose migliore per conseguirli, sperimentando su un numero ristretto di individui. Poi arrivano le domande su validità e superiorità del prodotto rispetto ad altri. Quanto è efficace il farmaco? Quali sono i benefici che apporta rispetto ai farmaci già in commercio? A questi si cerca risposta nella fase III dei clinical trials. Il numero di pazienti arruolati in questa fase si aggira intorno a qualche centinaia, addirittura migliaia. Qualche ordine di grandezza in più rispetto alle fasi I e II. Questo studio avviene confrontando il farmaco in analisi con un placebo (sostanza che non possiede effetti terapeutici) e con altri farmaci già in uso, oppure con l’assenza di trattamenti.

L’autorizzazione per l’immissione in commercio

Una volta dimostrato l’effetto terapeutico del farmaco, i vantaggi che apporta rispetto ad altri in commercio e la sua efficacia nella valutazione rischi/benefici, si passa a quella che rappresenta l’ultima fase di questo lunghissimo iter: l’approvazione dell’autorità competente, per la registrazione e la commercializzazione.

Da un lato, all’occhio inesperto di molti, le parole di Anthony Fauci sembrano allontanarci ancora di più dall’orizzonte di un possibile vaccino. Dall’altro, dobbiamo pensare che in condizioni “normali” per lo sviluppo di un farmaco sono necessari diversi anni e che quella cui stiamo assistendo è letteralmente una gara tra scienza e tempo.

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Redazione