Trapianto di fegato: organo tenuto in vita per un giorno prima dell’intervento
Un trapianto di fegato e di due reni sono stati realizzati con successo dopo che gli organi sono stati tenuti in vita artificialmente per un tempo record di quasi un giorno. È successo pochi giorni fa presso l’ospedale Molinette di Torino, dove una paziente in cura presso l’ospedale ha subito un infarto cardiaco improvviso ed un conseguente blocco cardiovascolare. La famiglia ha subito espresso la volontà di donare gli organi. Sebbene cuore e polmoni non potessero essere utilizzati a causa dei danni subiti, il fegato e i reni risultavano potenzialmente idonei.
La prima cosa che è stata messa in atto, è stata quella di collegare gli organi addominali della donatrice ad una circolazione extracorporea (ECMO) per garantirne una corretta ossigenazione, mantenendo in questo modo fegato e reni in vita all’interno del cadavere. Durante un periodo di 5 ore, sia i reni sia il fegato hanno dimostrato un pieno recupero rispetto al danno provocato dal prolungato arresto cardiaco.
Una volta confermata la loro funzionalità, i chirurghi hanno proceduto al prelievo degli organi secondo le tecniche tradizionali. Tuttavia, al momento del prelievo, le equipe trapianto erano impegnate in altri due trapianti di fegato e in altri due di rene. Di conseguenza, si è reso subito necessario il collocamento degli organi in sistemi di preservazione ex-vivo, altresì definiti extracorporei.
Il trapianto
Una volta prelevati, gli organi hanno continuato ad essere mantenuti in vita grazie all’utilizzo di macchinari extracoporei che consentono una corretta perfusione ed ossigenazione degli organi utilizzando sangue umano.
Il fegato è stato valutato per il suo corretto funzionamento per altre 16 ore mediante “perfusione normotermica”, mentre i reni sono stati preservati in “perfusione ipotermica ossigenata”, ovvero a 12 gradi in presenza di ossigeno, utilizzando un’altra macchina per una durata di 10 ore.
I tre trapianti ( il fegato e i due reni) sono stati successivamente eseguiti con successo ad opera delle équipes del Centro Trapianti di Fegato (sotto la guida del professor Renato Romagnoli e del dottor Roberto Balagna) e del Centro Trapianti di Rene (sotto la guida del professor Luigi Biancone, del dottor Aldo Verri e del professor Paolo Gontero).
I tre organi stanno funzionando regolarmente ed i tre pazienti riceventi sono stati appena dimessi.
Non solo si tratta di un intervento record di trapianto combinato di fegato e rene, ma soprattutto il metodo di conservazione rappresenta una novità rispetto alla consueta metodica “a freddo”.
La novità di questa tecnica
La preservazione statica ipotermica si basa sull’utilizzo del freddo come strumento per ridurre il metabolismo, la capacità di generare energia e il bisogno di ossigeno da parte dell’organo. Nonostante ciò, è possibile conservare gli organi per un massimo di 12 ore e gli stessi sono sottoposti in ogni caso ad un danno che cresce in funzione del tempo di immersione in ischemia fredda.
La tecnica di preservazione normotermica in macchina, utilizzata alle Molinette per il mantenimento e la conservazione del fegato, è radicalmente diversa. Si tratta di una metodica che consente, una volta prelevato l’organo, di trattarlo con ossigeno e sostanze nutritive a temperatura controllata (a 37 gradi), in modo da simulare il più possibile l’ambiente fisiologico. Questo non solo permette di minimizzare il danno che subisce l’organo durante la preservazione, ma consente anche la sua rigenerazione grazie all’ambiente simil-fisiologico in cui è inserito.
La ricerca ha individuato proprio nella possibilità di “curare” e “far vivere fuori dal corpo” gli organi prima del trapianto la reale innovazione in ambito trapiantologico