Grazie ad un recente studio realizzato presso la Northwestern University (Stati Uniti) si è scoperto che all’interno della struttura del DNA, è presente un “interruttore” che permette di produrre le due differenti tipologie di cellule ciliate sensoriali dell’orecchio; questa scoperta potrebbe aiutare i ricercatori a capire come poter ripristinare l’udito.
Questo interruttore è un gene denominato TBX2 e, a seconda che sia acceso o spento, permette di ottenere le cellule ciliate dell’orecchio interno o quelle dell’orecchio esterno. Quest’ultime sono quelle più sensibili e possono essere perse a causa di differenti fattori, come l’età o l’uso di determinati farmaci.
Sono differenti le cause che possono portare ad una perdita dell’udito, tra queste abbiamo: invecchiamento, rumori, antibiotici e farmaci chemioterapici. Secondo il Center for disease control and prevention statunitense, risulta che circa l’8,5% delle persone che presentano un’età compresa tra i 55 e 64 anni presenta ipoacusia invalidante, che aumenta al 25% nelle persone tra 65 e 74 anni e al 50% in quelle di età pari o superiore a 75 anni.
Nella maggior parte dei casi, la perdita dell’udito (o ipoacusia) è provocata dalla morte delle cellule ciliate esterne della coclea, ovvero una componente dell’orecchio interno che a sua volta fa parte dell’apparato uditivo. Queste cellule, dette “ciliate” a causa della loro forma a “ciglia”, si occupano di trasformare le vibrazioni acustiche in segnali elettrici che dovranno essere poi trasmessi ai neuroni. Quest’ultimi poi, nel momento in cui avranno ricevuto il segnale elettrico, tramite il nervo acustico, dovranno inviarlo al cervello, per fare in modo che si possano percepire i suoni.
In particolare, la coclea contiene due differenti tipi di cellule ciliate, ovvero quelle interne e quelle esterne. Le cellule esterne si espandono e si contraggono in risposta alla pressione delle onde sonore e amplificano il suono per farlo arrivare alle cellule ciliate interne, che hanno lo scopo di trasmettere le informazioni acustiche al sistema nervoso centrale tramite le fibre nervose afferenti. Per percepire i suoni è necessario quindi che siano presenti entrambi i tipi di cellule.
Le cellule ciliate presenti nell’orecchio si formano prima della nascita e non sono in grado di rigenerarsi: è per questo motivo che la perdita di udito, che si verifica in seguito alla morte delle cellule ciliate esterne, è una condizione spesso irreversibile. Per cercare di risolvere questo problema, i ricercatori hanno iniziato a produrre queste cellule in maniera artificiale: tuttavia, finora non sono ancora stati ottenuti risultati “concreti”, soprattutto per la mancanza di strumenti che permettessero di differenziare i due differenti tipi di cellule.
In particolare, non si era ancora riuscito a trovare un modo che permettesse di farle sviluppare in cellule ciliate dell’orecchio esterno: questo perché questa tipologia di cellule si sviluppano e si replicano solamente durante le fasi di sviluppo embrionale.
Tuttavia, grazie ad una recente scoperta la situazione potrebbe cambiare: un team di ricercatori statunitensi ha infatti scoperto che nel Dna è presente un particolare tipo di gene, noto come TBX2, che sembra essere coinvolto in primo piano nella regolazione dell’intero programma di sviluppo delle cellule ciliate. Possiamo considerare questo gene come una sorta di “interruttore”: quando è acceso, la cellula si differenzia in una cellula ciliata dell’orecchio interno, mentre quando è spento, si ha lo sviluppo di una cellula ciliata dell’orecchio esterno.
“E’ come un balletto. Le cellule esterne si accovacciano e saltano e sollevano quelle interne spingendole ulteriormente nell’orecchio”
Jaime Garcia-Anoveros.
Questa scoperta ha spinto i ricercatori a porsi come obbiettivo primario quello di riprogrammare le cellule di supporto, che si trovano già all’interno dell’orecchio, per farle differenziare in cellule sensoriali. Per realizzare questa riprogrammazione è necessario utilizzare oltre al TBX2, anche altri due differenti tipi di geni, ovvero ATOH1 e GF1, che servono per riprogrammare la cellula non ciliata in una cellula ciliata cocleare.
Per il momento la ricerca è ancora in fase sperimentale, tuttavia i ricercatori si augurano che le scoperte fatte possano aiutare non solo a comprendere meglio la perdita d’udito dovuta alla morte delle cellule ciliate esterne, ma anche a trovare una soluzione che permetta di far riacquisire la capacità di percepire i suoni.
“La nostra scoperta ci dà il primo passo per creare un tipo di cellule ciliate rispetto all’altro. Fornirà uno strumento precedentemente non disponibile per creare una cellula ciliata interna o esterna. Abbiamo superato un grosso ostacolo. Ora possiamo capire come creare cellule ciliate specificamente interne o esterne e identificare perché queste ultime sono più inclini a morire e causano sordità“
Jaime Garcia-Anoveros