L’Università di Genova e l’Istituto Mario Negri di Bergamo hanno pubblicato sulla rivista scientifica EBIOMedicine nell’articolo “Engineered Kidney Tubules for Modeling Patient-Specific Diseases and Drug Discovery“ i risultati di un’importante ricerca su un nuovo metodo di coltura cellulare in tre dimensioni, che consente di ingegnerizzare tubuli renali umani da cellule di paziente in modo controllato, rapido e riproducibile.
Il team interdisciplinare di ricercatori, guidato dai dottori Valentina Benedetti, Valerio Brizi e Patrizia Guida, ricorrendo all’utilizzo di una stampante 3D, ha realizzato degli scaffold in materiale biocompatibile, che, sulla base di un algoritmo matematico, ricreano le geometrie frattali proprie dell’anatomia dei tubuli del dotto collettore dei reni. Usando questi scaffold 3D bio-mimetici è stato possibile direzionare la formazione dei tessuti renali con caratteristiche molto simili all’organo in vivo.
Finora la mancanza di sistemi ingegneristici in grado di riprodurre fedelmente strutture renali complesse in vitro ha reso difficile modellare in modo efficiente le malattie e lo sviluppo stesso dei reni. Di conseguenza, la produzione di nuovi farmaci efficaci per la cura delle malattie renali è stata fortemente limitata, appunto perché l’assenza di sistemi affidabili ha portato allo sviluppo di composti che si sono dimostrati validi in vitro, ma che hanno poi fallito nei test clinici.
I ricercatori dell’Università di Genova e dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri hanno tentato di superare tali limiti. In particolare, grazie ai recenti studi, utilizzando impalcature di polidimetilsilossano (PDMS) e una linea cellulare derivata da rene, hanno sviluppato un sistema per ingegnerizzare rapidamente tubuli 3D su misura, con proprietà epiteliali renali tipiche. Sono stati, dunque, in grado di crescere tubuli renali funzionali, usando degli scaffold 3D bio-mimetici e riuscendo, per la prima volta nel contesto della nefrologia sperimentale, a ricreare in laboratorio modelli di malattia renale policistica partendo da cellule di paziente. Questo è stato un importante risultato, che ha permesso di testare nuovi potenziali farmaci per il trattamento del rene policistico, oltre a generare modelli in vitro utili per lo studio dello sviluppo dei reni.
A questo proposito Christodoulos Xinaris, capo del Laboratorio di Organ Regeneration del Mario Negri, che ha supervisionato lo studio afferma: “La capacità di creare in laboratorio tessuti renali umani in modo preciso e che si possa replicare permette di studiare i normali processi o difetti dello sviluppo renale e di testare farmaci nuovi direttamente sul tessuto umano in vitro. Per esempio, testare l’efficacia di un farmaco direttamente sui tubuli costruiti in vitro utilizzando le cellule di un paziente, ci ha permesso di identificare quale trattamenti siano più efficaci per quel paziente specifico. Questo è essenziale per capire le basi molecolari che stanno dietro alle diverse risposte dei pazienti allo stesso farmaco, per una medicina più personalizzata”.
A partire da cellule adulte, che vengono riprogrammate e trasformate in staminali, gli scienziati hanno poi ottimizzato il loro metodo per generare la forma fetale di tubuli umani funzionanti, con lo scopo di studiare i normali processi di sviluppo renale e le malattie ad esso legate.
Prima di questo lavoro le tecniche di coltura rendevano possibile ottenere artificialmente tessuti renali che però presentavano importanti limiti dovuti all’incapacità di riprodurre fedelmente le complesse strutture del rene, ai lunghi tempi necessari per la crescita in vitro e alla bassa riproducibilità. Uno degli obiettivi primari di questa ricerca è stato superare tali limiti riuscendo a sviluppare un metodo altamente riproducibile e semplice, che riduce tempi e costi per generare in modo controllato tubuli renali complessi partendo da singole cellule.
A questo proposito la ricercatrice Nanomed e responsabile della parte nanotecnologica di questa ricerca, Patrizia Guida, che lavora presso il dipartimento di Fisica dell’ateneo di Genova, ha, infatti, affermato: “Il valore introdotto nel campo dei modelli sperimentali in vitro consiste nell’essere riusciti per la prima volta a realizzare un metodo riproducibile per ricreare tubuli del dotto collettore umani con forme, dimensioni e composizioni predefinite e controllabili”
Un grande traguardo, dunque, che apre la strada a una ricerca più avanzata nel campo delle nanotecnologie applicate alla medicina e rappresenta un passo significativo verso modelli più affidabili di malattia e sviluppo dei reni, in quanto pone nuove basi per ingegnerizzare tessuti renali anatomicamente corretti in vitro. Ciò comporta la possibilità di eseguire screening farmacologici personalizzati, individuare nuovi composti con potenziale terapeutico e studiare lo sviluppo embrionale renale e le sue anomalie.